Vincenzo Di Fiore, alias Vincy 46, pubblica il suo primo libro di Poesie.

La presentazione ufficiale è avvenuta il 25 Ottobre scorso nella sala “Esterino Mallardo”, della Pro Loco città di Giugliano.

Il volume, edito da GM Press,proietta,nella copertina di Vincenzo e Antonio Cuozzo, l’ingresso di Palazzo Palumbo, anch’esso scempiato come meglio non si potrebbe,mentre sulla quarta riporta una breve biografia dell’artista unitamente ai vari premi vinti, si divide in due parti, ed ha per titolo: Versi Di Vita E Di Amore,  e presenta in apertura una sentita dedica di Antonella Spinosa, una presentazione dello stesso autore, la prefazione di Vincenzo Cuozzo e l’introduzione dell’Avv. Giovanni Bottone.

Nella prima metà troviamo le: Liriche Giuglianesi; nella parte conclusiva: Poesia E Vita.

Nella suddetta sala, gremita da appassionati e cultori, dopo i saluti di benvenuto da parte del Presedente della Pro Loco Mimmo Savino, l’avvocato Bottone e Tobia Iodice, hanno introdotto, da par loro, questa raccolta che raduna, solo in parte, la corposa mole di Poesie  di Vincenzo, che scrive a getto continuo, come trafitto dalla musa Erato.

Alcune poesie sono state declamate, con la maestria che le appartiene, da Teresa Barretta.

Da notare anche la significativa presenza del giovane editore Giuseppe Branca.

E il Vincy 46 ce le canta davvero, e non fa prigionieri: risulta oltremodo sferzante nell’accarezzare le tematiche, problematiche perlopiù, che da tempo immemore attanagliano la nostra città.

Non attua nessuno sconto quando si tratta di esplodere con la disillusione di chi vede il suo paese, un tempo zeppo di Amore e di rispetto reciproco, divenire, con profondo rammarico, una città senza più un’anima e che ha perso, con inesorabile cadenza, la sua identità.

Ci ricorda come le indimenticabili Domeniche,che in un tempo andato profumavano di ragù, siano state oggi sostituite dal fetore dei tubi di scappamento, che spargono desolazione e morte da parte di chi, pur non avendo un cazzo da fare, gira a vuoto,sbenzinando la paghetta di papà.

Non mancano le citazioni sportive; e per fare ciò non esita a ricorrere al celebre Mario Ferretti, che immortalava l’immenso Fausto Coppi della Cuneo – Pinerolo.

Splendido, pure, l’amarcord in: Chist’ Era ‘O Paese Mio, e a seguire: Giugliano E‘Na Vota: le due liriche, amabili fin dalla prima lettura, ci gratificano nell’avere qualche anno in più, macon la memoria ancora intatta.

Devo aprire una personale parentesi che mi collega simbioticamente a quanto scritto da Vincenzo, poiché mi è tornato in mente un mio (perdonatemi l’autocitazione) vecchio articolo che, riportando più o meno le medesime riflessioni, intitolai: “Giugliano 2.0: Fortunatamente il meglio è passato”. Chiudo la parentesi.

Il grido di dolore, che strappa lacrime ed amarezza, in: ‘A Terra Dei Fuochi.

La colta citazione, figlia delle tante letture, per rendere onore a G. B. Basile.

L’infinito elenco dei mestieri scomparsi, unitamente al candore che recavano.

Il dolce souvenir del primo innamoramento in: Chi S’Arricorde.

Molto visibile il forte richiamo allo Spirito, trascurato per fare spazio all’ingordigia e all’egoismo: “…’A ggente ha capito commecampà/trascura tutto vicino ‘o magnà! Nisciuno pensa all’anema e ognuno se ne fotte. Se pensa sula ‘a tavola ‘a ‘nfino ‘a mezzanotte…”

La Napoli di una volta; rammentando il Principe della risata e il sound di Gegè Di Giacomo, per ricordare i tanti paradisi naturali, oggi divenuti artificiali più che mai. La Giugliano in bianco e nero di: Addio Giugliano e di Addò Sta Cchiù, ribadita in: Nu Paese SempeAllero, ed in altre ancora.

Il dolce e indelebile ricordo dell’amata mamma Rosa in: Pioggia Di Stelline e in: Mamma ‘A Primma Parola.

Gli ossequi alla memoria a Luciano De Crescenzo; così come a Salvatore Sestile, Presidente del Giugliano Calcio, scomparso prematuramente, che ha portato i tigrotti alla loro giusta collocazione.

La scudisciata, ai presunti tali, in: Eccellenze Giuglianesi “… s’è allargata ‘a forbice, e ‘a scemariae’ tale, ca pure ‘a ggente “semplice” s’atteggia a intellettuale!…”.

Mi è impossibile citarle tutte, e lascio a voi il piacere di scoprirle.

Giugliano annovera tra i suoi figli, passati e presenti, fior di musicisti, pittori, artisti e professionisti di varia natura (come orgogliosamente “sventolato” dall’Avv. Giovanni Bottone nella suindicata serata) ed eccellenti “cantori”; e per restare in materia ne ricordo solo uno Vincenzo Palma. Ma ovviamente non possiamo tralasciare, e ci mancherebbe, il fustigatore di costumi per eccellenza qual è stato (ma attuale più che mai) Eugenio Pragliola aka Cucciariello.

Un libro, questo del Di Fiore, che, seppur con uno stile più morbido ci riporta, in alcuni richiami, al grande Eugenio e che consiglio a tutti di averlo: soprattutto ai millennials, affinché chiedano ai nonni, bypassando i genitori che tante sciagure stanno procurando, il vero significato dell’essere giuglianese.

In conclusione qualche appunto,personale, mi preme riportarlo.

Mi sono chiesto, leggendo e rileggendo: come mai tra le migliaia di liriche scritte finora,dal Vincy 46, siano state pubblicate alcune che ci richiamano la stessa tematica.

Perché è stato soltanto “srotolato” il file delle poesie, ed assemblate una via l’altra, senza dargli il giusto “respiro”, o spazio, per dar loro una maggiore e meritata eleganza grafica?

Come è stato possibile pubblicare due volte la stessa poesia, lapsus gravemente ripetuto, denotando così una urgenza editoriale inspiegabile, laddove un certo lavoro di editing avrebbe evitato siffatte sbavature?

Devo però ribadire che tutte le mie (ripeto: soggettive ma più che evidenti) osservazioni non inficiano affatto la grandezza di Vincenzo Di Fiore: persona, tra l’altro, gentile, sensibile, e dotato di un lirismo che merita attenzione ed una rispettosa lettura; sia da parte di chi resta ancorato ad un passato che ha fatto storia ma che ormai è archiviato, sia da parte di coloro che poco, o per niente, conoscono Giugliano.

Quella Giugliano che è solo un sogno e che stenta a riprendere coscienza delle proprie capacità; questa città che meriterebbe ben altro rispetto; una popolazione che richiederebbe ben altra attenzione. Ritornare indietro non si può, specialmente quando si è stati invasi (altra questione affrontata dal Vincy 46) da barbari stranieri, e circondati da spregiudicati arrampicatori locali.

Un triste lamento, come ben rimarcato da Vincenzo, per una terra senza più speranza, in: È Scura ‘A Notte: “… Mo’ nun c’è niente, manco ‘o futuro/hai voglia, ‘e fa’ tu cape e mmuro!”, associato alla mestizia di avere i figli ‘O Settentrione.

Tutto ciò che è stato resta solo un amaro ricordo; ma il momento storico, che tragicamente stiamo attraversando, non deve farci perdere la fiducia e la speranza di un riscatto sociale e morale, per lasciare in eredità un quantomeno minimo sindacale di vivibilità.

È sempre improbo realizzare e mettere in pratica un ideale, in special modo quanto si deve affrontare malaffare ed interessi stupidamente personali; ma, forse, la ricetta per ritornare alla Giugliano Felix ce la propone proprio Vincenzo Di Fiore nella sua commovente: Diventare Piccoli: “… Addeviente creature, e crederai all’impossibile…”.

Buona lettura.

filippodinardo@libero.it

Versi di Vita e di Amore - Vincenzo Di Fiore

Versi di Vita e di Amore – Vincenzo Di Fiore

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