Una rete familiare organizzata in famiglia per un giro di usura scoperto a Sant’Antimo
Nuovi sviluppi nell’indagine condotta dai carabinieri della compagnia di Giugliano che ha portato alla scoperta di un giro di usura a Sant’Antimo.
Otto i componenti della banda di usurai che terrorizzava, ormai, le vittime senza mezzi termini e con modi raccapriccianti. Gli interessi richiesti per i prestiti concessi arrivavano ben oltre il 50% in più partendo, però, dal presupposto che, si trattava solo di interessi perché la somma in debito non veniva mai scalata.
Il modus operandi aveva un iter ben preciso, programmatico e senza freni inibitori che prendeva il via non appena scattava un ritardo della scadenza del debito mensile. Alla rata, poi, pare venisse applicata una quota maggiorata definita dagli usurai “tassa di scomodo” per pagare anche il tempo del ritardo.
Una delle vittime avrebbe richiesto un prestito iniziale di circa 5000 euro, in due anni la vittima avrebbe restituito agli strozzini oltre 20.000 euro ma, neppure in questa maniera, pare fosse arrivato all’estinzione del debito.
Una vicenda venuta a galla nel settembre del 2020 allorquando un uomo si era recato presso la tenenza dei carabinieri di Sant’Antimo per denunciare gli strozzini usurai. Vittima di questi era diventata sua sorella, non coinvolta in prima persona, ma che, si era trovata costretta ad aiutare la propria figlia caduta nella rete. L’uomo era venuto a conoscenza della vicenda perché sua sorella, stressata e stremata dalla morsa, era arrivata a tentare diverse volte il suicidio come unica liberazione. Pare, infatti, che lo stato economico della donna fosse ridotto all’osso, nelle sue tasche e nella sua casa, solo pochi centesimi che non le consentivano più nemmeno di comprare qualcosa da mangiare.
Uno stato di disperazione sull’altro contorniato dalla triste consapevolezza di non riuscirne a venire fuori. L’indagine prenderà il via immediatamente ma ci vorranno tempi lunghi finiti in questi giorni ma che hanno condotto all’arresto di 8 persone legate tra loro da parentela. In casa di Angela Cecere, considerata l’ideatrice della banda, sono stati sequestrati circa 80.000 euro e un libro mastro con appuntati i prestiti e le rispettive somme. Tutte le somme raccolte pare venissero portate a lei quasi come se fosse una banca e riutilizzate per prestiti futuri a nuove vittime.
Tendenza della banda anche l’idea di farsi consegnare le card del Reddito di cittadinanza, per restituire gli interessi. Le indagini avrebbero evidenziato che i soldi presi dalle card fossero stati spesi per usi personali da parte degli affiliati della banda.
Le porte del carcere si sono aperte per Angela Cecere, 42 anni, Francesco ed Orazio De Lucia, 52 e 48 anni, Paciello Massimiliano, 43 anni e Parisi Rosa, 44 anni.
Arresti domiciliari, invece, per Guarino Mario, 58 anni, Manna Massimo, 53 anni e Pedata Lucrezia, 51 anni.
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Marianna Di Donna