Il terrorismo è un fenomeno globale che, come purtroppo ben sappiamo dall’attualità quotidiana, in varie forme colpisce ogni giorno e con i più diversi tipi di armamento i bersagli che in ciascun ambito territoriale del mondo, spesso distortamente, i vari gruppi ritengono di individuare.

Si tratta, in buona sostanza, di una forma più moderna di guerra “surrogata” che viene rivolta contro i governi di molti Stati, personalità istituzionali, esponenti della società civile e rappresentanti militari o gli stessi diplomatici ed infine, in molte occasioni e con finalità pseudo religiose, contro i rappresentanti dei diversi culti e principalmente di quelli cristiani, ebraici ed islamici. Per l’interprete non è mai facile ricostruire le abiette motivazioni, spesso non apparenti e tantomeno dichiarate o rivendicate, di atti criminali quali sono gli attentati compiuti e comunque le vili ed immotivate uccisioni spesso di civili inermi, uomini, donne, ragazzi e bambini. Persone colte di sorpresa da azioni micidiali ed imprevedibili crudelmente progettate ed effettuate durante tutte le fasi della normale vita di relazione.

Nel corso di un viaggio fatto con qualunque mezzo, magari all’estero per vacanza, al mercato, facendo la spesa giornaliera, davanti ad una scuola dopo aver accompagnato i figli. Come per essere andati per una pratica in un ufficio pubblico, o sfortunatamente presenti in occasione di una festa, corteo, raduno, manifestazione politica o religiosa, ovvero assaltando, solo in alcuni casi un “obiettivo sensibile” civile o militare. In linea generale, la maggior parte degli studiosi ed osservatori del settore parla infatti di obiettiva viltà intrinseca del fenomeno terroristico e soggettivamente dei suoi crudeli realizzatori.

Tale notazione può essere generalmente condivisa anche se nella ormai sterminata casistica storica del fenomeno possono confluire le più svariate tipologie locali e le idealità estremistiche più disparate. Ma, in ogni caso l’effetto essenziale ricercato dagli agenti criminali nel prescegliere e colpire poi i loro bersagli materiali ed umani è unico: quello di seminare il terrore e diffondere l’insicurezza. In altre parole, il risultato di togliere alle popolazioni colpite ogni certezza, dargli il senso di un pericolo di vita imminente, collettivo, che viene reso possibile in qualsiasi luogo e momento, in ambienti aperti o chiusi, al parco giochi dei bimbi; così come in autobus o nella metropolitana presa per andare al lavoro. Durante una pausa di ristoro al bar, a pranzo come a cena o nel pubblico partecipando ad un concerto musicale. Sempre ed in ogni occasione. Si vuole rendere rischioso, in conseguenza della paura imperante, qualsiasi ordinario atto, fase o semplice momento di una normale vita civile di relazione com’essa può svolgersi in un villaggio, agglomerato urbano e città di una nazione. Cercare quindi di paralizzare ogni iniziativa, dai trasporti delle merci, al commercio, fino alle attività sociali e ricreative.

Creare un diffuso clima di totale insicurezza sociale teso a far cambiare alle popolazioni minacciate ogni normale attitudine, impedire gesti ed attività anche quelle più semplici proprie della vita quotidiana, ricattare le istituzioni esistenti per farne crollare i governi, locali o nazionali. Ovvero, raggiungere con relativamente pochi mezzi ed uomini armati ed ordigni anche non convenzionali il risultato di poter rovesciare una entità sociale organizzata, un villaggio, un governo locale, un gruppo religioso considerato avverso ma che era impossibile, o troppo rischioso, attaccare frontalmente o militarmente.

Come si diceva, instaurando una “guerra surrogata” combattuta con armi di tutti i tipi, spesso non convenzionali, ovviamente senza rispettare alcun principio di umanità e tantomeno di diritto anche internazionale. Anzi, spesso ricercando proprio nelle modalità esecutive di attentati ed uccisioni i mezzi più crudeli e spettacolari sempre molto puntando sulla cassa di risonanza mondiale che certe azioni possono avere attraverso la integrale copertura propria dei moderni mezzi dell’informazione globale di massa. Per tali abiette vie, attentatori solitari gruppi e gruppuscoli di terroristi esaltati, convinti o foraggiati ad una, sempre ingiusta, causa cercano di acquisire credito, magari economico, come di fare proselitismo attraverso la temuta notorietà determinata dalle loro azioni criminali e sanguinarie.

Continua.

Giorgio Maria Palumbo

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