25 imputati per il racket a Melito, richieste dalla Dda condanne per 200 anni

Un sistema di “controllo” sul commercio e l’imprenditoria in generale, di natura capillare e di stampo fortemente camorristico, che aveva fatto balzare la città di Melito sui principali quotidiani ribattezzandola “Camorraland”, portò ad un’operazione, nel giugno 2021, che vide coinvolti personaggi  molto noti in città, scoperchiando un incredibile ed intrecciato groviglio tra la camorra e le istituzioni.

Si trattava sostanzialmente di un aggrovigliato sistema di estorsioni al quale nessuno riusciva a sottrarsi perché la pena per chi non avesse intenzione di pagare o avesse intenzione di sottrarsi a ciò che, periodicamente veniva imposto,  pare fosse addirittura l’iscrizione in un “libro nero”.

Gli inizi di giugno 2021 rappresentarono un vero e proprio terremoto in città a partire dalle prime luci dell’alba quando l’operazione, partita nel cuore della notte, continuava a procedere arrivando a bussare alle porte di persone del luogo molto conosciute e, fino ad allora, stimatissime che risultavano coinvolte con le mani in pasta in stretta collaborazione con il clan egemone del posto rappresentato dalla famiglia scissionista degli Amato-Pagano.

A svegliare la città alle porte di Napoli fu il sorvolare di decine di elicotteri e tantissime auto di polizia e carabinieri che, a sirene spiegate, scorrazzavano per le stradine di Melito, dopo aver messo a bordo quelli che, secondo un’indagine lunga e fruttuosa, risultavano coinvolti nel giro di quelle che sono ormai tristemente note come le “estorsioni 2.0”.

Un giro d’affari loschi che non si limitava più allo spaccio di stupefacenti, già molto proficuo in questa zona, ma che faceva registrare introiti per oltre 24 milioni di euro finalizzati alla gestione di organizzazione di eventi e opere i cui costi venivano gonfiati più del dovuto, ma anche affari poco limpidi che riguardavano gare d’appalti e feste di piazza, che facevano interrogare molti cittadini sulla provenienza di queste cifre visto che le casse comunali sono sempre state piuttosto dissestate.

Un sistema di estorsioni che “imponeva” ai commercianti l’acquisto di prodotti dall’indubbia provenienza come le, ormai note, mozzarelle in busta che dovevano essere acquistate per un totale di 500 € ogni mese e che, pare, avessero la “specialità” di assumere una colorazione verdognola se non vendute in tempo.

Oppure l’obbligo ad acquistare gadget per le festività come penne, calendari, accendini ed altro per favorire un merchandising completamente illegale ed illecito.

Tutti gli introiti finivano nelle mani del clan Amato-Pagano che, poi, offriva ottime ricompense a quanti, ormai, avessero deciso di collaborare al sistema di assoluto monopolio economico ed estorsivo della città.

A 10 mesi da quel giugno 2021, arrivano oggi le richieste di condanna da parte della Dda che fanno registrare per i 25 imputati la cifra di 200 anni di carcere totali.

In questi mesi di indagini, fatte di continui interrogatori nelle carceri e di scelte a collaborare da parte di alcuni imputati, sembrerebbe che in molti abbiano optato per il rito abbreviato finendo per ammettere, in parte e totalmente, ciò che gli venisse attribuito.

Le accuse vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso all’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio e all’estorsione fino alla tentata estorsione e attentato contro i diritti politici.

Nell’indagine, infatti, attraverso le parole del collaboratore di giustizia Paolo Caiazza, sarebbe emerso un sistema di attentato verso il diritto politico nei confronti dell’allora giunta comunale che vedeva sindaco Venanzio Carpentieri, costretto alle dimissioni nel gennaio 2013 insieme a due consiglieri e al vicesindaco.

Le richieste di condanne da parte della Dda riguardano nello specifico: Massimiliano Aricò, 6 anni e 6 mesi; Sebastiano Aruta, detto “Sebbiolone”, 12 anni e 6 mesi; Rosario Balido, 5 anni; Salvatore Chiariello, detto “Totore Boxer”, 14 anni; Claudio Cristiano, 12 anni e 6 mesi; Luciano De Luca, 6 anni e 6 mesi; Domenico Di Girolamo, 8 anni; Maria De Luca, 8 anni; Domenico De Mase, 8 anni; Raffaele De Panicis, detto “o cecat”, 9 anni; Giuseppe Liccardo, 6 anni e 6 mesi; Vincenzo Maglione, 6 anni e 6 mesi; Gianni Maisto, detto “Battaglia”, 14 anni; Amedeo Manzo, 6 anni e 6 mesi; Antonio Miliardi, detto “Pollicino”, 14 anni; Fortunato Murolo, detto “Nanduccio”, 10 anni; Antonio Papa, referente dei commercianti di Melito e già presidente dell’Ascom e poi dell’Aicast, richiesti 16 anni; Giuseppe Pellecchia, detto “Milleecinque”, 13 anni; Michele Riso, 10 anni; Salvatore Roselli, detto “Frizione”, 12 anni e 6 mesi; Andrea Severino, detto “O chiatton”, 12 anni e 6 mesi; Giuseppe Sinistro, 10 anni; Raffaele Tortora, detto “Mellone”, 12 anni e 6 mesi; Nicola Schiavone, detto “Linuccio o barbiere”, 6 anni e 6 mesi; Paolo Caiazza, collaboratore di giustizia, 2 anni. Stralciata, invece, la posizione di Marco Liguori.

I fatti contestati riguarderebbero gli anni compresi dal 2012 al 2019.

Foto dal web

Marianna Di Donna

 

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