Il debutto della serie tv “L’amica geniale” ha riscosso molti ascolti, coinvolgendo in particolar modo i cittadini melitesi per la presenza, nella serie, di una concittadina, Giuseppina Di Gennaro, considerata un orgoglio del paese.
L’attrice, interprete di Melina, è nata e cresciuta a Melito e la sua famiglia è originaria della cittadina, nonostante lei viva a Napoli da diverso tempo.
Pina Di Gennaro ha iniziato a recitare verso i vent’anni formandosi tra il Teatro dell’Anima e il Teatro Elicantropo di Napoli; ha sempre sfruttato la sua passione teatrale riversandola nel suo lavoro, convertendolo a strumento pedagogico con laboratori nelle scuole ed in contesti difficili della città diventando cofondatrice dell’associazione “Testi di Seta”, che da circa 5 anni porta avanti un progetto interculturale che vede lavorare insieme migranti ed italiani.
La sua Associazione ha realizzato diversi spettacoli di cui Pina ha curato la regia e la drammaturgia, vincendo per ben due volte alla Mostra del Cinema di Venezia con due cortometraggi “La recita” regia di G.Lombardi e “La gita” di S. Allocca.
Nel suo percorso teatrale ha lavorato con Carlo Cerciello, Walter Manfrè, Guido Lombarci, Saverio Costanzo e con altri registi del panorama europeo e internazionale da cui ne ha tratto spunto per il suo lavoro poiché considera il processo artistico un percorso di crescita personale e spirituale in senso laico.
“L’amica geniale” rappresenta per l’attrice una nuova esperienza legata proprio al contesto in cui lavora, sia per una crescita personale sia per aiutare con la sua personalità a tirare fuori un forte mondo femminile costantemente minacciato e logorato da un contesto violento e maschilista, che spesso non lascia vie di salvezza. Il personaggio di Melina vive una grande sofferenza ma è anche capace di ribellarsi, di infrangere le regole, di non preoccuparsi del giudizio degli altri, forse anche “grazie” alla sua follia: un aspetto molto interessante che secondo Giuseppina Di Gennaro “la fa amare molto.”
L’attrice, ha tenuto a precisare che il romanzo vuole tirare fuori un aspetto importante che invita alla riflessione cioè “l’importanza della scuola, dell’istruzione, dell’educazione nel determinare le sorti di un individuo. E chi, come me, è cresciuto in contesti vicini a quelli descritti, sa bene cosa questo può significare. Credo ci inviti ad una riflessione sulla responsabilità che tutti abbiamo rispetto alle nuove generazioni. Ed alla possibilità di immaginare e costruire alternative valide a quelle che conosciamo, qualcosa che abbia a che fare con l’amore, l’amore per la bellezza, per l’arte, per la cultura, per il bene comune, qualcosa che ci renda tutti più “cittadini”, attivi e consapevoli.”
Questi bei momenti li vuole però dedicare a sua figlia di 3 anni e mezzo, chiamata Fatou e al nipotino Carlo di 6 anni, sperando che ce ne siano tanti altri in futuro.
Teresa Barbato