Giovanni Ferraro, nel ruolo di Diego, il protagonista di Nel nome del padre, parla del suo esordio nel mondo del cinema e si racconta attraverso il progetto cinematografico diretto da Gabri Gargiulo.
Quando e come si è avvicinato al mondo del cinema?
“Tutto è iniziato per caso, a Melito. Sono stato contattato per mettere a disposizione la sede del Bar Ferraro, la nostra attività familiare, come location per i casting del film Nel nome del Padre. I produttori erano alla ricerca di persone comuni, prese dalla strada, al fine di rappresentare la vicenda nel modo più realistico possibile. Ho sempre desiderato mettermi alla prova con la recitazione e così ho colto questa opportunità. Sono stato scelto come protagonista”.
Ci parli di Nel Nome del padre.
“Nel nome del padre è un progetto cinematografico iniziato nel 2015 e diretto da Gabri Gargiulo. Il film vuole proporre una riflessione circa la realtà vissuta da molti giovani assorbiti dal mondo della camorra, apparentemente l’unica alternativa che pensano di avere a disposizione. Io interpreto proprio il ruolo di Diego, educato sin da bambino alla criminalità. Diego scala la gerarchia della malavita e diventa un figlioccio del boss. Tuttavia, il progetto racconta una storia di redenzione in cui si manifestano il riscatto e un’opportunità di salvezza, la possibilità di camminare verso la luce”.
Qual è la soddisfazione maggiore fino ad ora raggiunta con e dal film?
“La soddisfazione maggiore è stata quella di avere l’appoggio delle istituzioni, della Chiesa e soprattutto della gente comune, oramai stanca di vivere in una terra bistrattata, vittima della camorra e dei luoghi comuni. La tematica del riscatto è stata fortemente apprezzata e si spera di fornire un’immagine diversa della nostra terra d’origine. Inoltre, ho fatto parte di un team fantastico, instaurando rapporti di natura personale davvero profondi con diversi attori e collaboratori”.
Progetti e aspirazioni future?
“Da quando ho iniziato a studiare recitazione e mi sono avvicinato al cinema, ho deciso di non fermarmi. C’è altro che bolle in pentola, ma preferisco non sbilanciarmi”.
Marialberta Lamberti