In quale città un patrimonio storico millenario viene lasciato all’incuria, dimenticato e – probabilmente – strutturalmente compromesso? La risposta è Melito. In pochi sono a conoscenza dell’esistenza di una chiesa, da fonti certe, antecedente al 1074 sul nostro territorio: uno schiaffo alla storia della città e alla memoria storica di un’intera comunità.
Nascosta alla vista da un cancello fatiscente, incastrata tra due fabbricati, c’è la chiesa di San Nicola: probabilmente la prima testimonianza di un agglomerato urbano a Melito. Un “monastero”, così come si apprende dall’atto di restituzione e consegna dal milito Aldoino di Aversa al monastero di San Pietro e San Sebastiano di Napoli, costruito nell’attuale piazza Marconi lungo il più antico corso principale del borgo (via Pizzone) prima della costruzione, in epoca borbonica, di quella che viene chiamata via Appia Nuova lungo cui invece è stata eretta quella che è l’attuale chiesa parrocchiale Santa Maria della Grazie, in piazza Santo Stefano.
Ciò che resta di questo piccolo gioiello della memoria sono poche pietre malmesse, una targa in marmo e una statua del santo a cui è stata consacrata la chiesetta, ora custodita nella chiesa della Santissima Trinità di via Pizzone.
Una bellissima storia che attualmente non ha un lieto fine: l’edificio millenario sarebbe stato soggetto a numerosi interventi che avrebbero deturpato l’originaria semplice bellezza. Trasformata in un deposito, con tanto di tramezzo in legno costruito nel bel mezzo della navata, attualmente è circondata da “bassi” locati a prezzi irrisori e sovraffollati. Diventata -inspiegabilmente – di proprietà privata, la chiesetta di San Nicola avrebbe bisogno di un importante intervento di restauro per non ritrovarsi, un giorno, a rimpiangerla per sempre.
Sarebbe bello poterla riammirare in tutta la sua antica bellezza in quel cortile poco distante da piazza Marconi, restituita alla memoria della città come simbolo di una comunità che si è sviluppata intorno al centro cittadino per oltre mille anni.
La proprietà privata complica non poco gli eventuali interventi di restauro e quella di una rinascita dell’antico edificio religioso sembra essere più un’utopia che un sogno realizzabile, ma è giusto porsi una domanda: sarebbe giusto perdere per sempre un patrimonio della città senza compiere almeno un tentativo?
*Alcune delle informazioni riportate sono state tratte dal libro “Melito si racconta” di Antonio Jossa Fasano
da: https://nickmar86.wordpress.com
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