Non c’è dubbio: questo momento storico politico sarà ricordato come l’anno del trionfo della propaganda sulla verità e sulla decenza. E se la politica è in cerca di buoni propositi, manco a dirlo, basta seguire la giostra dei fumosi parolai di turno.

Spesso mi trattengo con gli amici a parlare sul senso delle cose: l’educazione, la responsabilità, la legalità, il senso civico, la qualità della vita, il lavoro, la scuola, la vivibilità, il Comune, i Consiglieri Comunali, il Sindaco, e la nostra “ingenuità” ci consente di tratteggiare le nostre riflessioni con leggerezza.
Sicché, alla domanda su cosa fanno i politici, cosa fa il Comune per la comunità che rappresenta, mi sono sentito rispondere: i politici? Niente! Al massimo parlano. Anzi, il più delle volte strillano, si insultano ed insultano l’intelligenza dei cittadini. Eppure il dizionario ci insegna che la parola Consiglio sta a significare: organo consultivo; Consiglio Comunale: “Organo elettivo dell’amministrazione comunale dotato di funzione deliberante”.
Di parole semplici, di uomini veri, con spiccato senso della responsabilità e delle istituzioni è fatta la memoria della Repubblica e del Paese.
Pace, pane e lavoro”, “La legge è uguale per tutti”, erano missioni, speranze, princìpi ordinatori, ragioni di uno stare insieme, per le generazioni che avevano conosciuto la guerra e il fascismo, per le generazioni successive: operaie, studentesche, femministe, ecologiste, erano parole, frasi, concetti che hanno avuto un senso analogo.
Pace voleva dire pace, pane voleva dire pane e lavoro voleva dire lavoro.

Oggi non è più così.

La politica, nella sua dimensione di rappresentanza istituzionale, sempre più esclusiva, nella sua deriva involutiva ha via via prodotto una propria lingua. Distorcendo la realtà. Il Politichese. Tutto è cominciato lì.

Una ricerca esasperata di giustificare il nulla, con formule, o meglio fasi, secondo cui la coalizione vincente, e con essa il Sindaco, dovevano portare il ripristino della sana amministrazione, della legalità, un cambio verso la normalità.

I fatti, però fanno, a cazzotti con la realtà.

Chiacchiere, parole, illusione… politichese, appunto.

Quanto mancano alla politica gli uomini veri: le parole dense di senso reale riecheggiano alla memoria, fanno riaffiorare il pensiero mai dimenticato dei carismatici Pertini, Berlinguer, Moro.

Altri tempi, altri uomini, altra politica.

La crescita di una comunità, lo sviluppo di un territorio passano per il dinamismo politico-culturale di un ceto dirigente capace di scatenare emozioni e mobilitazione.
L’ultima fumisteria, in ordine di tempo, è il “rimpasto di giunta”:  un papocchio!

Ma siamo seri! Che stramberia è mai questa?!

La coalizione uscita vincitrice dalle scorse elezioni, ha raccolto consensi su un presumibile “programma elettorale”; all’indomani dell’insediamento il Consiglio Comunale ha approvato il programma di mandato e le linee programmatiche.

Sono passati quasi tre anni dall’insediamento di questo Sindaco, che per la seconda volta ha cambiato giunta, e cosa è stato fatto? Dove si è arrivati? Quali sono i fatti?

La buona politica non c’è!

Il confronto è debole, inesistente; bisogna riaffermare la validità della dimensione territoriale locale, espandendo tutti quegli spazi in cui l’amministrazione e il cittadino sono vicini l’uno all’altro.

Se la politica è prevalentemente cattiva ha la responsabilità dell’immobilismo e dell’incapacità ad impegnarsi per essere motore di cambiamento.

La disaffezione è figlia del pregiudizio, risente della poca tempestività nelle decisioni e nell’operatività. Una nuova prospettiva si costruisce con una buona dose di fiducia e di coraggio. Elementi questi non facilmente riscontrabili, specie in questo contesto socio/politico della nostra amata e vituperata cittadina, anche dopo l’ultima tornata elettorale.

La res pubblica, non può rimanere ostaggio dei personalismi, non si può pensare di trarre un vantaggio di parte dalla rovina comune.

La teatralità delle parole e dei gesti cui stiamo assistendo è sintomatica della pochezza di “uomini”e di argomenti.

La prospettiva di governo cittadino, appare di non facile lettura, poiché incapace a riscuotere la fiducia dell’assise comunale e dalla comunità amministrata.

Urge chiarezza, una nuova cultura dell’Amministrazione, ristabilendo un “patto di fiducia”. Forse, sarebbe il caso di abbandonare certe scaramucce strumentali ed alzare il tiro; bisognerebbe volare alto ed incidere sulle questioni di merito. Inevitabilmente il pensiero corre, anche, alle opposizioni in Consiglio Comunale che dovrebbero incalzare la maggioranza sui contenuti nelle sedi istituzionali, Consiglio e Commissioni consiliari, riportando la naturale contrapposizione tra le parti nell’alveo della politica, e non nelle scorribande verbali ed editoriali che alimentano solo i bassi istinti, svilendo i suoi attori.

L’egemonia del presente, le sterili posizioni antitetiche dominano lo spazio del “dibattito politico” in una città già umiliata e violentata dal passato. Immaginare una politica capace, attraverso decisione alte e seriamente partecipate, contribuisce a rifondare il rapporto tra politica e cittadini, restituendo la giusta dimensione delle cose.

L’atteggiamento statico, di resistenza passiva, nei riguardi delle possibili soluzioni sono scelte che tracciano la continuità della storia recente, incarnano l’amaro disincanto. L’incertezza paralizza, genera confusione. L’immobilismo politico foraggia l’immobilismo sociale, orienta la cultura solo verso i diritti e non anche verso i doveri.

Qualità e coraggio: queste, le caratteristiche che mancano a questo corpo dirigente.
Si è commesso ancora una volta l’errore di credere che la svolta di una città ferma, deturpata e decadente potesse venire da una sorta di miracolo, come effetto di un ennesimo patto distributivo tra la politica e pochi convitati, sempre gli stessi, al tavolo delle decisioni.

Questo governo cittadino, viene “pensato” e “architettato” come un’operazione di ingegneria politica per surrogare una classe dirigente non più spendibile ma che continua a esercitare, in forme diverse, la sua influenza e le sue pressioni.

Questo sdoppiamento tra una rappresentanza nominale ed una che opera da dietro, offusca l’immagine del potere, avvolgendolo in un’ombra cupa, non esaltante, anzi.

Dal pasticcio in cui si è cacciata la politica locale c’è una sola via di uscita: assumersi ciascuno le proprie responsabilità nell’interesse della collettività.

E’ ora di dire basta! Nella sostanza, siamo oltre il paradosso: solo parole … accuse … insulti … politichese … fatti zero!

È necessario andare oltre l’orizzonte. La città aspetta che si passi a fare i politici e fare i fatti!

Vale a dire: mettere da parte le prassi orientate alla “via di mezzo” e pensare invece alla realtà in modo inedito e radicale, organizzando un meccanismo delle decisioni che non vieti regole ed istituti nuovi.

Alla fine, urge riscoprire uomini e politici “veri “, con gli attributi, con il coraggio di osare e lottare; è necessario uscire dalle forme del recente passato, trovare nuova linfa ed entusiasmo. I leader democratici, quando sono veri leader, servono per l’appunto a una tale opera di rifondazione.

Invece …

Melito vede questi fenomeni aggravati dalla congenita presenza dei “soliti noti”, i burattinai che muovono i fili per fini personali. Oltre l’incapacità organizzativa e programmatica di questa Amministrazione che è corrosa dalla mediocrità e dall’immobilismo, di un ceto dirigente, pseudo nuovo, incapace ad accettare sfide. Il mito del ripristino di un percorso virtuoso, orientato alla normalità e legalità non è che un mito; il disincanto incide sui valori coesivi che hanno determinato la vittoria elettorale, ma, nei fatti, state dimostrando che non è stata una vittoria politica.

Da una parte c’è il governo della “responsabilità”, quello chiamato a salvare Melito, oramai nel baratro, grazie al ripristino dei valori democratici nella cosa pubblica, al programma della coalizione che “nei prossimi anni” porterà il paese alla normalità, realizzerà i progetti del: Più Europa, il cimitero, la piscina, la raccolta differenziata, la città pulita, il parcheggio Maffettone, il ripristino della legalità, sistemazione e efficienza della pianta organica, il regolamento dell’occupazione del suolo pubblico da far rispettare, ecc..

Da un’altra parte: i fatti quali sono?

La stessa politica (?) che discute da mesi del rimpasto di giunta (il secondo in meno di tre anni) che ha partorito il pastrocchio, le competenze dove sono? Si è accontentato alcuni e scontentato altri. Agli interessi dei cittadini ci pensate?

Tutto questo, mentre Melito muore, il commercio locale langue, il centro storico crolla, di pulizia (in tutti i sensi) non se ne vede, l’illegalità e la delinquenza dilagano e via discorrendo.

Ci fermiamo: abbiamo già superato il limite consentito di decenza!

Lalone

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