Fra deficit corrente e debito pubblico consolidato, dove tagliare ancora?

Recentemente, il Governo, come peraltro avviene in occasione di ogni manovra, legge di stabilità, interventi vari di aggiustamento ed assestamento di bilancio e documento di programmazione economica (D.e.f.) ha presentato il suo ultimo catalogo di prospettiva a medio termine (triennale) pieno di buone intenzioni.       

Il quadro rappresentativo illustrato mantiene ampie criticità, pur aprendosi ad una ripresa moderata della crescita del prodotto interno lordo che viene stimato ad almeno il 3.6% complessivo nel prossimo triennio. Ovvero, in media all’1.2% annuale.         

Certo rispetto agli anni trascorsi addirittura in deflazione, ovvero ai risicati decimali positivi del recente passato, si nota sicuramente un progresso. Una situazione prospettica, da consolidare, unendola ad un’auspicata maggiore crescita dell’intera area Europea della moneta unica in un quadro internazionale più sereno, stabile e produttivo.     

 Tuttavia, il nostro Paese rimane sempre nelle ultime posizioni per gli indicatori economici e pericolosamente vicino alla Grecia che negli anni appena trascorsi ha vissuto e sta ancora vivendo un autentico dramma economico sociale dei propri cittadini.    

Certo, noi siamo più grandi e forse solidi negli elementi strutturali fondanti dello Stato, ma non riusciamo a compiere quel salto qualitativo di crescita necessario. Situazione che ci riporterebbe in una “serie A” nell’ambito degli stati dell’Unione Europea e del sistema euro, nostra croce, spesso, e delizia molto più raramente.        

Tuttavia, come sempre andrebbe fatto, per onestà intellettuale, occorre guardare ai propri demeriti, come alle mancate capacità sia propositive che d’intervento dimostrate negli anni, prima di prendersela “all’esterno” con qualcun altro ed in particolare con un’istituzione, la U.E., della quale siamo stati convinti fondatori e buoni partecipi fino all’insorgere ed al  successivo consolidamento della crisi economica. In altre parole, i problemi strutturali mai risolti, le tante inefficienze, gli sprechi e la mancata programmazione o risoluzione di nodi problematici sociali ed economici sono più al nostro interno. Infatti, si tratta di elementi critici dovuti principalmente ad una congenita incapacità di governare “il sistema Paese” nel suo complesso.

Se ancora dobbiamo parlare e scrivere degli ormai “plurisecolari” problemi  economici e ritardi di sviluppo del sud Italia ciò dimostra, con estrema evidenza e senza possibili discussioni, solo una settantennale incapacità di agire da parte di altrettanti governi succedutisi nel periodo alla guida di questa sfortunata Repubblica. Infatti, il “Mezzogiorno” del nostro Paese, vero giardino incantato e pieno di meraviglie del sud Europa affacciato sul Mar Mediterraneo, come ben dimostrano le vestigia storiche a partire dall’età di Federico di Svevia fino al “Regno delle due Sicilie” ha rappresentato, per centinaia di anni, una culla di cultura e progresso.

Un’epoca che non sarebbe impossibile far tornare. Ma, ci vogliono le capacità di governo.

Giorgio M. Palumbo

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