Nella prima parte dell’articolo avevamo dato una definizione del terrorismo, fenomeno criminale diffuso in tutto il mondo e tale da poter colpire chiunque, anche per caso. Spesso attraverso azioni armate, sanguinose ma propagandistiche o spettacolarmente dimostrative che avvengono con ogni dimensione sia su scala locale che regionale o senza precisi confini.

Quest’ultima situazione dimostra il caso attuale del cd. Califfato islamico, meglio definibile come “daesh”: ovvero dell’organizzazione criminale di vaste proporzioni più comunemente chiamata ISIS laddove, però, questa stessa terminologia indicativa ne implica un di certo involontario e distorto riconoscimento, quale entità territoriale organizzata. Si tratta, come ormai tutti sappiamo, di una vasta e ramificata compagine formata da migliaia di terroristi arruolati e pagati anche nei paesi europei. I cui seguaci sono dediti ai più sanguinari ed atroci atti di violenza che utilizzano, sbandierando una pretesa azione in favore dell’Islam, per ottenere e mantenere i territori conquistati, soprattutto sfruttando la guerra civile in corso in Siria dalla fine del 2011.

Purtroppo, la genesi, lo sviluppo ed il consolidamento di questa banda di “tagliagole” è stata in gran parte determinata dai ripetuti errori strategici compiuti dalle potenze occidentali in tutto lo scenario del Medio Oriente.

Essi infatti utilizzano mezzi ed armamenti facilmente forniti dagli americani ai governi corrotti ed inetti di Afghanistan ed Iraq come all’iniziale sostegno dato dagli occidentali agli oppositori del regime siriano e poi rapidamente caduti quando non consegnati nelle loro sanguinarie mani. Inoltre, questi pericolosi criminali vengono enormemente finanziati dai paesi arabi del Golfo, quelli stessi che sarebbero “alleati” degli Stati Uniti e dei paesi dell’Occidente, attraverso una molteplice serie di traffici criminali, dal petrolio alle persone, con una vicenda purtroppo tuttora pienamente in essere.

Infine, per i limiti dimensionali di questo articolo a stampa, si deve accennare al fatto che nei decenni trascorsi molti degli analisti, osservatori e storici dei fenomeni in oggetto hanno, in numerose occasioni tragicamente oscure, utilizzato il termine di “terrorismo di stato”. Intesa la definizione nei termini di una “guerra sporca” combattuta, dietro le linee, tra i “servizi” dei vari paesi contrapposti. Quest’ultima affermazione, in particolare, dovrà essere meglio approfondita in seguito poiché diverse azioni del genere avrebbero sanguinosamente quanto misteriosamente interessato senza alcuna rivendicazione, nei decenni scorsi, tanto l’Italia che l’Europa.

Giorgio Maria Palumbo

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