IL 25 APRILE Si udivano da lontano le cannonate, provenienti dai paesi vicini.
Era il segnale che gli americani erano vicini, i partigiani si erano nascosti nelle campagne, e noi impauriti e tremanti non sapevamo cosa fare.
Il nonno si era allontanato da casa e si era recato in piazza ad ascoltare il bollettino di guerra degli americani, noi non avevamo la radio, e l’unica la si poteva trovare in piazza S.STEFANO. La radio era in casa un vecchio signorotto del paese il cui con molta cortesia alzando il volume, consentiva a noi del popolo di ascoltare quello che ci interessava. Qualcuno di casa intanto preparava quello che si poteva, non avevamo molto e troppo caro era quello che la borsa nera poteva offrire.
Il nonno tornando dalla piazza ci informava sull’avanzata degli americani e sullo stato delle cose.
Aspettavamo con ansia che accadesse qualcosa, ma ormai era giunta la sera e con essa l’ora di nascondersi nella stalla, avevamo paura dei fascisti e dei nazisti, spesso di notte facevano dei rastrellamenti in zona, il nonno ci aveva insegnato a nasconderci e, se fosse stato necessario, anche a scappare.
Sentivo nell’aria che da un momento all’altro potesse succedere qualcosa, i colpi di mitraglia dei partigiani napoletani si udivano più vicini del solito e i colpi di cannone dei tedeschi si erano fatti insistenti.
MELITO 25 aprile
Sentimmo bussare alla porta della stalla, il nonno ci avvisò di restare tranquilli perché sapeva che quella notte qualcuno avrebbe bussato. Con mio enorme stupore vidi tra la poca luce della stalla, un uomo con una divisa militare addosso, ancora non capivo chi fosse, non avevo mai visto un partigiano, sapevo delle loro lotte per difendere la patria dall’oppressore tedesco, ma loro restavano nascosti ed io avevo visto fino a quel preciso istante solo fascisti e tedeschi. Mio nonno salutò l’uomo come fosse uno di famiglia e si sistemarono davanti alla lampada con una bottiglia di vino e cominciarono a chiacchierare, non so cosa si dicessero però luomo con addosso quella divisa in un attimo era diventato il mio eroe.
Pensavo che lui potesse portare la pace, e forse con la pace avrei rivisto mio padre.
Dalle assi del tetto della stalla cominciavo a vedere la luce, segno che il buio stava per finire.
All’improvviso udimmo un enorme boato, quasi vicino alla chiesa principale, sparirono il nonno e il compagno partigiano. Noi riuscimmo a scappare via attraverso la mangiatoia degli animali e raggiungemmo gli altri paesani al cosiddetto rifugio.
Qualcuno ci disse che gli americani stavano arrivando da NAPOLI, mentre una colonna di automezzi tedeschi in fuga stava per raggiungere MELITO dalle colonne di GIUGLIANO. Il nonno ed i partigiani si erano però appostati all’interno del PASTIFICIO IMPROTA, per difendere quello che restava del paese,ci accorgemmo che tutto stava per finire quando da lontano come una flebile voce, che man mano aumentava sempre di più, udimmo
Questa mattina mi sono alzato
O bella ciao, bella ciao
bella ciao, bella ciao
ciao, ciao
questa mattina mi sono alzato
e ho trovato l’invasor.
O partigiano, portami via
o bella ciao, bella ciao
ciao, ciao, ciao.
O partigiano portami via
che mi sento di morir.
E se muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir.
Erano i partigiani, uomini e donne uniti senza vincoli di sangue, per combattere l’oppressore tedesco, e quella canzone che cantavano era diventato per noi un inno di liberazione, ci liberò dal male che ci aveva oppresso per anni. Ho cercato di raccogliere i ricordi degli anziani della mia infinita famiglia ed ho immaginato nel modo descritto la liberazione della mia cittadina MELITO DI NAPOLI.
Ho insegnato a mia figlia ad amare la sua patria e più di ogni altra cosa la sua storia, la storia di uomini e donne che morirono per unaITALIA LIBERA E UNITA.
Arcangelo Pellecchia detto IL CAP