Speriamo non sia troppo tardi
In Europa, ci troviamo tutti ancora nella fase di attesa delle conseguenze più economiche, come sempre rispetto alla vera politica, causate dal voto maggioritario degli elettori inglesi statuente l’uscita dall’Unione Europea, la c.d. “brexit” nella forma sincopata che ormai è invalsa nell’uso. Anzitutto, l’esito del voto e le decisioni elettorali assunte con metodo democratico, pur criticabili, vanno accettate.
L’evento ha rappresentato un vero terremoto, qualcuno l’ha chiamato “scossone Brexit” ha colpito e profondamente rimesso in moto la UE ed i suoi meccanismi e sistemi decisionali quasi esclusivamente di natura economica. Infatti, da allora non si contano gli incontri, le telefonate, le dichiarazioni congiunte, gli appelli fatti da tutti i leader politici europei negli ultimi quaranta giorni.
Anche se la strategia comune di chi resta dentro, i 27 della U.E. ristretta, appare ancora tutta da mettere a punto, ma è evidente, forse ovvio, che sia la Germania la nazione a fare la parte maggioritaria nella dolorosa vicenda. Il trilaterale incontro di Angela Merkel con Francois Hollande e Matteo Renzi può senz’altro aiutare il nostro Paese a rientrare nel ristretto novero dei Paesi fondatori. Quelli che devono dare un senso forte, di svolta, alla “nuova Europa” ma dovrebbe essere chiaro a tutti che immaginare nuove forme trilaterali o di direttorio e individuare dei primi della classe sia cosa ormai da evitare. Poichè rientra esattamente in quelle pratiche astruse o meramente votate all’ economia comportanti la grave, progressiva disaffezione verso l’Unione europea come alla crescita di movimenti populisti e nazionalisti. Se, al contrario, Unione Europea deve essere, come anche noi crediamo fermamente, una forma istituzionale di Unione politica degli stati europei così sia ma fino in fondo. I 27 Paesi ripensino insieme, senza stilare classifiche di merito, i modi della efficace convivenza e concertino la strategia per fare fronte, anche economicamente, all’uscita della Gran Bretagna. Una procedura di addio che durerà per diversi anni.
Sarà infatti considerando ogni Paese ugualmente importante per l’Unione politica europea che si contrasteranno più efficacemente le tentazioni separatiste di quanti oggi vivono la partecipazione europea più come un peso che un’opportunità di crescita comune, di cui essere orgogliosi.
Giorgio M. Palumbo