Un Paese che deve comunque cambiare
ROMA – Dopo dieci anni esatti, il corpo elettorale italiano viene nuovamente invitato alle urne per decidere, con l’espressione del voto popolare, le sorti delle riforme costituzionali che il Parlamento, ancora composto dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, ha recentemente approvato, sulla spinta essenziale impressa dal Governo Renzi, operando nei due anni passati, dal marzo del 2014 all’aprile di quest’anno.
Le riforme istituzionali che saranno attuabili tramite le diverse modifiche introdotte al testo della nostra legge fondamentale, dovrebbero cambiare, semplificare e modernizzare il sistema complessivo dello Stato italiano, almeno secondo le affermazioni del governo e della maggioranza parlamentare, nel tempo con forze variabili, che le hanno, rispettivamente, proposte ed approvate. Il pacchetto riformatore, unitamente all’approvazione della nuova legge elettorale che regolerà l’elezione dei componenti dell’unica istituzione politica rappresentativa che resta, la Camera dei deputati, erano parte essenziale del “programma di governo” proposto dal premier Matteo Renzi sempre con l’autorevole avallo dell’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
La battaglia svoltasi in questo biennio, dentro e fuori dalle aule parlamentari, è stata fortissima ed ha provocato grandi rimescolamenti anche nella stessa composizione dei gruppi parlamentari, oltre ad accesi dibattiti in tutte le sedi informative ed in primo luogo si è combattuta nelle tribune televisive, sui giornali e sui vari “social network”. Come sempre accade in questi casi, l’osservatore avverte una forte impressione negativa, quella di assistere ad uno scontro che prescinde dai contenuti reali delle riforme, comunque tali perché modificano una Costituzione vigente, per svolgersi sul piano, diverso dalle idealità, proprio della contrapposizione di puro principio legata ai fattori contingenti.
Quindi rispetto ai fatti quotidiani, dell’attualità e della cronaca, magari criminale, propri della polemica politica: quella che, di volta in volta, si pone il traguardo delle varie prove elettorali, nazionali e locali.
Ma, nel caso diverso di riforme costituzionali così impegnative, lo scontro dovrebbe essere connotato da ben diversi toni, e da alti contenuti ideali e politici, rispetto invece alle comuni “miserie quotidiane”.
Infatti, nel caso delle modifiche istituzionali e tanto più profonde esse siano per uno Stato moderno la vera posta in gioco è il futuro, migliore, che le riforme una volta attuate dovrebbero garantire ai cittadini e non altro. Gli insulti, le sterili accuse, le alterazioni strumentali delle dichiarazioni altrui non portano più da nessuna parte e vanno respinte.
Vogliamo iniziare a cambiare questo Paese o no? La risposta sarà ad ottobre prossimo, con gli esiti della prova referendaria, ma fino ad allora vogliamo parlare di contenuti.
Giorgio M. Palumbo