Enti locali da chiudere definitivamente o da rilanciare?

Un’altra vicenda tutta italiana in senso negativo è quella delle Provincie, enti locali territoriali rappresentativi, che il governo Renzi voleva eliminare con una norma della Riforma costituzionale poi severamente respinta dagli elettori, ma con conseguenze, in atto, ancora tutte da verificare.

Le Provincie, con le loro città capoluogo dei rispettivi territori sono enti di origine a volte molto antica e storicamente consolidata che, con la Costituzione, vengono previsti come centri amministrativi di rappresentanza politica locale ed in particolare di raccordo con le istituzioni centrali dello Stato: a Roma o, come nel caso, a Napoli. In base all’art.114 della Carta costituzionale, la Repubblica, entità unica ed indivisibile, a livello politico amministrativo, per il “Principio del decentramento amministrativo” ed a quello che garantisce l’autonomia politica degli Enti locali, si riparte in Comuni, Città metropolitane, Provincie, Regioni e Stato.

Quando, prima del 1970, le quindici Regioni “ordinarie” non erano ancora state costituite le Provincie svolgevano essenziali compiti di raccordo con lo Stato – Governo centrale – e con gli uffici del Commissariato di Governo con sede nella città capoluogo di Regione. In quella strutturazione organizzativa risaltavano, a livello provinciale, le funzioni statali di governo decentrate sul territorio di competenza erano affidate ai Prefetti che sovraintendevano a tutte le attività delle pubbliche amministrazioni. Come dai Questori, posti a capo della sicurezza, dei Direttori provinciali di tanti altri uffici, pensiamo al Provveditore agli studi o al Direttore delle imposte, agli Uffici provinciali del lavoro e tanti altri.

Dopo l’avvento delle Regioni, molti vedevano gli enti ed uffici provinciali come degli inutili “doppioni” sia dello Stato che del nuovo Ente che ne prendeva molte funzioni, anche legislative, sul territorio.

Eppure, fino al 2011 quasi nessuno aveva proposto una loro radicale soppressione. Molte leggi continuavano a vedere affidate competenze e funzioni alle Provincie che, come sappiamo, debbono valorizzare, in positivo, le differenze ambientali, culturali od economiche sussistenti fra i vari territori e qui l’esempio della Campania offre le migliori considerazioni.

Infatti: in ordine alfabetico, Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno, con il suo vasto territorio di competenza, nelle loro diversità e specificità avevano nelle rispettive amministrazioni provinciali dei punti di riferimento più vicini e sensibili alle esigenze del territorio di quanto accada oggi con la Regione.

Si è persa la migliore capacità d’intervento.

Ma, il problema più serio e grave è quello rappresentato dalle competenze che le Provincie in base a varie norme di legge debbono continuare a svolgere, pur essendo state svuotate di finanziamenti e risorse, fra queste: edilizia scolastica, trasporti, ambiente, strade provinciali (compresi i ponti), cartellonistica stradale e pubblicitaria..etc.

Non sarebbe necessaria un’attenta riflessione, per evitare guai peggiori.

Giorgio M. Palumbo

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