A primavera i conti non tornano

Gli italiani, sempre più stanchi e delusi dal presente, ormai hanno imparato a familiarizzare con un’altra sigla del variegato mondo dell’economia pubblica nazionale. Con questa sempre più strettamente diretta, fino ai minimi dettagli numerici, ai decimali di punto, dalle istituzioni di settore dell’Unione Europea.

Di fatto, siamo “commissariati” e non certo più padroni dei nostri conti. Stiamo parlando del D.e.f. un acronimo che indica “il Documento di programmazione economico finanziaria”. Atto contabile nazionale che ciascuno dei 27 governi degli Stati aderenti alla U.E. deve presentare, annualmente, entro la data del 30 aprile al proprio Parlamento e alle istituzioni tecniche della Commissione.

Un tempo, più tradizionalmente, si parlava di “manovra correttiva di bilancio” rispetto alla legge annuale, approvata entro la fine di dicembre, prevedente la sommatoria delle entrate e le corrispettive spese dello Stato. Quale mezzo sussidiario per poter intervenire rapidamente su eventuali scostamenti causati da spese impreviste o andamento di minori entrate sul previsto.

Quindi, uno strumento governativo flessibile di veloce riprogrammazione delle entrate, praticamente “di pronto intervento” per evitare situazioni consolidate di “deriva dei conti pubblici”. La legge annuale di bilancio statale è stata poi denominata “legge annuale di stabilità” (come indica l’immagine superiore) e ricomprende anche il consuntivo annuale, oltre ad avere una prospezione triennale nella previsione di entrate e spese.

Per preservare i problemi generali di equilibrio economico finanziario ed al contempo intervenire su scompensi e mancate coperture, pari a 3.4 miliardi di euro, il Governo ha adottato una complessa serie di misure.

In particolare, rispetto all’Iva ed alle altre “clausole di salvaguardia” (degli obiettivi pluriennali di stabilità) viene disposto l’aumento delle relative aliquote fino al massimo del 25.4% in vigore nel 2020 mentre, successivamente, dal 1 gennaio 2021 essa si stabilizzerà nella misura del 25%. Inoltre, sale l’aliquota agevolata dal 10 all’11.5 e poi al 13% nello stesso periodo temporale.

Tali aumenti d’imposta, più volte rimandati, erano particolarmente temuti da tutti gli operatori economici e si aggiungono ad altri prelievi con aumento su accise carburanti per autotrazione, tassazione ulteriore sulle vincite al gioco e tagli di spesa ai Ministeri.

Purtroppo, l’effetto da molti temuto sulla nostra economia potrà essere quello nuovamente induttivo alle situazioni di depressione, stagnazione o peggio calo generale dei consumi ed in definitiva “deflazione”. Infatti, il carico di un quarto (+ 5 punti sulla media dei Paesi U.E.) è un macigno che cade su ogni cittadino ed operatore economico.

Proprio non ci voleva, vista la timida ripresa economica recente

Giorgio M. Palumbo

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