A metà novembre gli italiani al voto

Sulla complessiva riforma costituzionale gli italiani saranno quindi chiamati a votare nella giornata di domenica 20 novembre di quest’anno, quando saremo proprio al termine del periodo di fissazione concesso dalla legge al Governo per consentire l’espressione del voto popolare su di essa.

In precedenza si era parlato della terza settimana di ottobre, tuttavia, dato che la Corte di Cassazione, quale Ufficio centrale nazionale, ha tempo fino al prossimo 15 agosto per adottare il provvedimento che ammette il Referendum, previa verifica della validità delle 500.000 firme necessarie che il comitato promotore doveva depositare, si dovrà ancora attendere per la conferma della data elettorale.

Tale la competenza esclusiva della Corte Suprema in materia che avviene, in base alla legge vigente del 25 maggio 1970, n.352, in attuazione della norma costituzionale contenuta nell’articolo 75 della Costituzione. Tuttavia, anche nel caso negativo, se le firme verificate non dovessero raggiungere il quorum necessario, lo svolgimento delle votazioni relative all’approvazione o meno della complessiva riforma costituzionale inserita nella legge pubblicata il 15 aprile del 2016 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, si avrà comunque.

Questo perché il caso dei Referendum  “approvativi” o meno delle riforme costituzionali è disciplinato diversamente dagli altri casi referendari quelli che sono defininiti popolari, ovvero sono “ordinari”. In quanto previsti dall’art. 75 della Carta costituzionale e fra le due tipologie la differenza essenziale risiede nei possibili soggetti richiedenti. Sempre nel caso in cui il Parlamento non abbia approvato la riforma con la “maggioranza qualificata” dei propri componenti.

In proposito, l’art. 138 della Costituzione prevede infatti che:

“Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Le leggi sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. La legge sottoposta a Referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.

Non si fa luogo a Referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”.

Nel caso in esame quindi si voterà comunque poiché hanno richiesto lo svolgimento referendario “confermativo” almeno 126 dei componenti della Camera dei deputati ed in conseguenza non assumono decisività le cinquecentomila firme del comitato per il “SI”.

In un nostro prossimo articolo cercheremo di spiegare sinteticamente ai lettori i contenuti essenziali della riforma di alcune parti della Costituzione. A presto.

Giorgio M. Palumbo

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