L’antico “Portus Julius”, l’ade, gli inferi nell’epoca romana

In realtà, questo luogo suggestivo molto particolare sotto l’aspetto naturalistico, unico e forse straordinario, costituisce uno dei cinque laghi di varie dimensioni, fra i quali, il Lucrino e il più grande il Fusaro, le cui acque hanno riempito, nei millenni trascorsi dagli eventi avvenuti circa quattromila anni orsono, quegli antichi crateri eruttivi vulcanici.

Il bacino si trova ubicato vicino a Napoli, nei Campi flegrei, prossimo al litorale del Golfo di Pozzuoli al cui porto venne collegato in epoca romana da un canale artificiale costruito a fini militari facendone un luogo molto sicuro per le navi: denominato “Portus Julius” circondato e riparato da barriere naturali formate dalle ripide creste collinari verdeggianti e boscose.

L’area lacustre occupa una superficie di circa 55 mila metri quadrati, mentre lo specchio d’acqua misura una profondità media di poco più di un metro lineare, facendo parte del sistema vulcanico attivo dei Campi Flegrei, con il tratto più profondo che raggiunge i 34.

Nonostante gli oscuri miti che lo avvolgono, tramandati nei secoli ed anche in letteratura, le sue acque consentono la presenza di esseri viventi, contando almeno tre tipi di pesci lacustri seppure di piccole dimensioni.                                             

In qualche modo, trovandosi ubicato fra il Vesuvio e l’altra area vulcanica attiva che sfocia sul mare, il lago si trova collegato allo stesso sistema fisico geologico la spiegazione scientifica è fornita dall’esame geotermico del sottosuolo.                                                                                                                     

Più precisamente da quelle forze sotterranee attive che operano in quell’area definita dagli esperti “super vulcano” che comprende il fiume Sabato e giunge fino alle località di Cuma e Capo Miseno, con i rilievi di Monte nuovo, formatosi all’improvviso per un forte bradisismo nel 1538, e Camaldo, detto Camaldoli, come un quartiere di Napoli (alto 458 m.) per estendersi poi sotto la superficie del mare alle isole di Ischia, Procida e Vivara.

Tutti luoghi di grande bellezza naturalistica, dove quelle continue fumarole, le acque in perenne ebollizione, i fanghi bollenti, gli zampilli ustionanti, dimostrano quotidianamente la enorme forza sprigionata dalle fonti di energia provenienti dal sottosuolo.           

Inoltre, si verifica un fenomeno visuale di distorsione ottica molto particolare chiamato della “Fata Morgana”, molto studiato nel corso dell’Ottocento.     

Si diceva di miti e leggende ripresi da molte fonti, anche letterarie, compresa la discendenza greca della denominazione “Avernus” traducibile come (luogo) “senza uccelli”, ovvero senza vita, forse impedita dalle esalazioni di anidride solforosa emesse dalle acque fino ad epoche più moderne.           

Anche il grande poeta romano Virgilio indicava l’Ade, ovvero l’inferno ellenistico, nella porta di accesso dell’Averno, all’oltretomba, regno del dio Plutone sovrano degli inferi.                                                  Detto e scritto quanto sopra, l’invito che facciamo ai turisti nazionali ed esteri è di andare a visitare i luoghi bellissimi tanto vicini a Napoli che molte sorprese visive daranno, altri angoli meravigliosi della Campania.

Giorgio M. Palumbo

Commenti

commenti