Quale ruolo può svolgere l’Italia
Siamo al cambiamento, ma sempre sotto attacco, eppure dobbiamo reagire come Paese dimostrando il nostro valore, bi millenario.
Nell’attualità, gli italiani, sempre più stanchi e delusi dalla politica anche del passato recente, dopo aver votato alle elezioni generali, ormai hanno imparato, per necessità, a familiarizzare con un’altra sigla indicativa del variegato sistema dell’economia pubblica nazionale. Con questa sempre più strettamente diretta, fino ai minimi dettagli numerici, ai decimali di punto, dalle istituzioni di settore dell’Unione Europea che ci considerano il “parente povero” ed indisciplinato da dover redimere.
Di certo abbiamo il secondo debito pubblico europeo dopo la Grecia e se andasse male lasceremo debiti pure ai bis-nipoti.
Nei fatti, in economia, siamo “commissariati” e non certo più protagonisti dei nostri conti poiché ogni manovra di bilancio deve essere concordata con le istituzioni economiche dell’Europa unita, cioè con gli “euro burocrati” indifferenti ad ogni nostra “perdurante” problematica.
Quindi, prima dell’estate, stiamo parlando del c.d. DEF un acronimo che indica: “il Documento nazionale di programmazione economico finanziaria”. Si tratta di un atto di contabilità pubblica nazionale inter-medio che ciascuno dei 27 governi degli attuali Stati aderenti alla U.E. deve presentare, annualmente, entro la data del 30 aprile, sia al proprio Parlamento che alle istituzioni tecnico economiche della Commissione.
Negli anni passati, più tradizionalmente, in questi casi, si parlava di “manovra correttiva di bilancio” fatta rispetto allo strumento principale, la legge annuale, approvata entro la fine di dicembre di ciascun anno, prevedente la sommatoria delle entrate e le corrispettive spese dello Stato. Visto quale mezzo sussidiario per poter intervenire rapidamente su eventuali scostamenti causati da spese impreviste o andamento negativo causato da minori entrate sul gettito previsto.
Quindi, uno strumento governativo di “politica economica” flessibile di veloce riprogrammazione delle entrate, praticamente di “pronto intervento” per evitare situazioni consolidate di “deriva dei conti pubblici”. Ora, a seguito della riforma costituzionale dell’art.81 che ha incredibilmente inserito nella Carta fondamentale della Repubblica “il Principio del pareggio di bilancio” la programmazione statale è stata (ri)denominata “legge annuale di stabilità” comprendendo in se anche il consuntivo annuale, oltre a riportare una prospezione sul triennio successivo nella previsione di entrate e spese.
Durante il decorso 2017 per preservare i problemi generali di equilibrio economico finanziario ed al contempo intervenire su scompensi e mancate coperture, pari a 3.4 miliardi di euro, lo 0.2/3 del PIL, il Governo ha adottato una complessa serie di misure correttive.
In particolare, rispetto all’Iva (imposta di spettanza europea) ed alle altre “clausole di salvaguardia” ritenute negli obiettivi pluriennali di stabilità, venne disposto il possibile aumento delle relative aliquote fino al massimo del 25.4% in vigore nel 2020. Mentre, successivamente, dal 1 gennaio del 2021, l’aliquota si stabilizzerà nella misura del 25%. Inoltre, sale pure quella agevolata che passerebbe dal 10 all’11.5 e poi al 13% nello stesso periodo temporale.
Per il nostro Paese gli aumenti delle imposte, più volte rimandati, erano e sono particolarmente temuti da tutti gli operatori economici e si aggiungono ad altri prelievi erariali con aumento su accise dei carburanti per autotrazione, tassazione ulteriore sulle vincite al gioco e tagli di spesa ai Ministeri.
Purtroppo, l’impatto da molti temuto e prevedibile sulla nostra economia potrà essere quello nuovamente induttivo delle situazioni di depressione, stagnazione o peggio di calo generale dei consumi ed in definitiva “deflazione”. Infatti, il carico di un quarto (+ 5 punti sulla media dei Paesi U.E.) rappresenta nei fatti un peso che cade sui conti personali di ogni cittadino ed operatore economico.
Proprio quello che non ci voleva, per il nuovo governo del Paese, vista la timida ripresa economica recente. Occorre lottare, tutti.
Giorgio M. Palumbo