Subito dopo lo scoppio della polemica fra Sarri e Mancini, avevo avanzato due ipotesi che mi sembrava potessero spiegare la reazione del tecnico interista al <<frocio, finocchio!>> rivoltogli dal collega.
Avevo immaginato, con dose certo non trascurabile di dietrologia, che Mancini potesse aver agito con la piena coscienza – e col fine, recondito ma agevolmente individuabile – di scatenare attorno ed addosso a Sarri la cagnara mediatica alla quale si è, nei fatti, assistito. Perché poi (l’indagine può e deve andare più a fondo) Mancini avrebbe voluto dare Sarri in pasto agli avvoltoi del perbenismo? Forse sotto la spinta di un sentimento di invidia nei confronti delle lezioni di calcio che il poco elegante, ed ancor meno reclamizzato, allenatore del Napoli sta impartendo in giro per l’Italia; o forse, chissà?, per provare a creare un ambiente esplosivo attorno a quel Napoli che evidentemente gli interisti, nonostante le loro recenti frenate in campionato, continuano a sentire come una diretta rivale per la corsa al tricolore.
La seconda ipotesi alla quale avevo pensato era invece la seguente: Mancini si è davvero offeso perché, evidentemente, per lui sentirsi chiamare frocio è qualcosa di assolutamente intollerabile (per inciso, mi chiedevo se tale reazione non ponesse piuttosto proprio l’ex 10 sampdoriano nel ruolo di omofobo, visto che dà l’impressione di non saper per nulla far convivere l’immagine di sé e l’idea di omosessualità).
Le dichiarazione rilasciate dal trainer interista durante il day after mi inducono a ritenere che la prima ipotesi fosse quella più vicina a verità.
Mancini ha infatti affermato che le parole di Sarri non hanno offeso lui, bensì chi quotidianamente soffre in quanto discriminato da persone che assumono atteggiamenti omofobi. E allora, dov’è la verità?
Mancini, subito dopo la partita, è andato davanti alle compiacenti telecamere della RAI per denunciare di essere stato offeso nella propria onorabilità (e quindi ci è andato a titolo del tutto personale) o per avviare una battaglia di civiltà contro ogni forma di discriminazione? Se è così, perché nelle risposte date a caldo ai giornalisti non ha mai abbandonato il piano della più assoluta autoreferenzialità? Sorge a questo punto un dubbio. Non è che, resosi conto di aver infranto alcune norme non scritte del mondo del calcio, l’ex talento di Jesi ha capito di dover cercare il massimo del supporto fuori dal mondo del calcio stesso, in quella che comunemente si definisce pubblica opinione? Penso che così, e solo così, si spieghi il mutamento di prospettiva con cui il Mancio sta cercando di scrollarsi di dosso l’etichetta di lamentoso bambino incapace di risolvere da sé i propri problemi per ergersi a garante, a nume tutelare di quanti soffrono per quella (orrenda) forma di discriminazione che si genera dal seme avvelenato dell’omofobia – roba con cui Sarri, sia detto per inciso, ritengo non abbia niente a che vedere.
Come spesso accade, però, la sensazione è che in questo caso il rimedio sia peggiore del male: a modesto giudizio di chi scrive, insomma, Mancini si sta incartando, e se Sarri si è fatto trovare in fuorigioco, il suo rivale probabilmente sta per fare un clamoroso autogoal.
Una sola cosa può dirsi certa: non è finita qui.
Andrea Carpentieri