Nel testo resta la norma per Ischia
Tante le polemiche insorte fra le forze politico sociali per tutta la durata dei lavori parlamentari dedicati alla conversione in legge del decreto per le “emergenze della città di Genova” necessario dopo il crollo del “ponte Morandi” quel drammatico 14 agosto.
Accuse di danno ambientale, gravi accenti di “condonismo”, irresponsabilità, agevolazione degli illeciti urbanistico edilizi lanciate dalle forze di opposizione al provvedimento della maggioranza di governo e, in particolare a quell’art.25 originario, nel quale, per una serie di rinvii normativi, si arriva alla possibile applicazione del condono edilizio coevo all’entrata in vigore della nuova Legge urbanistica, la n.47 del 28 febbraio 1985.
Allora, una misura obbligata! Ma è veramente così grave quanto accaduto ?
Forse la polemica è stata solo strumentale, rispetto a vicenda urbanistica ultra trentennale, quindi originatasi ben prima del rovinoso sisma dell’agosto del 2017 che portò a danni, feriti e lutti in alcuni dei comuni dell’isola ed in parte costituiva una misura ormai necessaria.
Infatti, come sappiamo, la bella isola dell’Arcipelago campano, perla turistica del Golfo flegreo insieme a Capri, ha visto nei decenni passati un grave fenomeno di abusivismo soprattutto in alcuni dei comuni isolani. Si è costruito in fretta e male, a volte con materiali scadenti, senza osservare nella realizzazione alcuna misura di sicurezza statica e tantomeno rispettare le essenziali sismiche dato il collegamento geologico con l’area vulcanica vesuviana e flegrea.
Neppure a dire poi che l’abusivismo era solo di necessità, poiché non è così.
Forse si è litigato e discusso per nulla, dato che il problema di fondo, valido per tutte le pubbliche amministrazioni d’Italia, è quello di dare risposte, legittime, in tempi ragionevoli ai cittadini.
Mentre, ad Ischia, come nel resto del nostro Paese, esistono pratiche edilizie ultra decennali rimaste senza risposta nel tempo malgrado la successione normativa di tre condoni urbanistici nazionali e, da ultimo, con la possibilità di ampliamento degli edifici regolari data dal “Piano casa”.
Allora, non è forse giunto il tempo per le autorità pubbliche di concludere, a norma di legge, tali vicende, concedendo quando possibile la sanatoria onerosa (e già pagata da anni) oppure negando i benefici, cosa che probabilmente avverrà nella maggioranza dei casi, considerati i rigidi vincoli ambientali e paesaggistici imposti sul territorio dell’isola.
Conseguirà spesso la necessità di abbattimento parziale o totale dei tipi edilizi “insanabili” con ulteriori strascichi di polemiche.
Meglio però che lasciare le cose “appese” in un “limbo senza diritti” come stavano da decenni.
Giorgio M. Palumbo