Una meraviglia naturalistica nel golfo di  Napoli e una risorsa turistica che potrebbe essere  valorizzata molto meglio

Torniamo su alcuni aspetti che, almeno in parte, abbiamo già trattato in nostri articoli precedenti ed in particolare insistiamo sulla possibilità di valorizzare meglio le unicità che la natura e gli uomini, succedutisi nelle varie epoche storiche, ci hanno lasciato.

Un patrimonio incredibile, sopravvissuto ad eventi naturali disastrosi, come nel caso di specie, all’usura del tempo, alle guerre con le loro distruzioni ma, soprattutto, al disinteresse in alcune fasi storiche, all’ignoranza e alle incurie dell’uomo che solo negli ultimi tre decenni ha compreso (forse) che la nostra ricchezza deriva da quanto ci hanno lasciato i nostri avi e progenitori e quindi dalla capacità di conservare queste ricchezze artistiche, culturali, storico naturalistiche, anzi valorizzandole.                                                                                                                                                                            Sono infatti quasi tremila anni, documentati da archeologi e storici, a dimostrare che sui territori campani si erano stabilmente insediate genti, popolazioni, sempre più organizzate ed evolute, alcune autoctone, italiche, altre provenienti dall’Asia minore poi dall’Ellade o comunque dal bacino mediorientale del Mediterraneo.                       

Anche i temuti mori, gli incursori musulmani che a cavallo del primo Millennio hanno conquistato siti di origine ellenistica o di più antica origine e fondato insediamenti hanno apportato arte, cultura e diversità rigeneratrice alle nostre genti.

Questo, l’immenso patrimonio che, qualche volta malconcio per nostre storiche colpe, dobbiamo preservare per il futuro, per i nostri figli e nipoti, anzi valorizzare, a livello mondiale, con quella che è la nostra vera industria: il turismo storico artistico, cui si unisce la bellezza, stagionale, dei luoghi, il clima mite ed il gusto delle nostre specialità enogastronomiche, senza rivali al mondo.   

Dobbiamo però avere questa intelligente capacità che richiede mezzi economici ed investimenti culturali, poi turistici. Gli enti pubblici territoriali, Regioni, Comuni ed altre forme gestionali pubblicistiche devono interagire efficacemente con l’iniziativa privata che resta essenziale, con il “capitale di rischio” da ciascuno investito.

In questo quadro, a pochi chilometri da Napoli e per un lungo tratto di costa, ove spiccano l’insediamento di Baia come l’antico porto di Pozzuoli oggi sommerso, fiorenti località colpite, anzi come si vede letteralmente affondate, dagli effetti geologici del “bradisismo”. Un fenomeno vulcanico bi-millenario che interessa una vasta zona che dalla costa porta al dominante Vesuvio in un’area che vede oltre due milioni di abitanti e del quale parleremo più approfonditamente in un prossimo articolo.

Quello che invece vogliamo dire, concludendo, è che oltre i siti di Pompei ed Ercolano, famosi a livello mondiale, geograficamente adiacenti, un bellissimo, anche se meno conosciuto, itinerario da svolgere in alcune ore può essere compiuto dai turisti in quell’area dei Campi flegrei prospiciente le antichissime località di Baia e la Pozzuoli “vetere”.                                                 

Sono tante le meraviglie da scoprire. Ci torneremo.

Giorgio M. Palumbo

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