Halloween è una festa che da sempre scaturisce grandi polemiche tra chi crede che si possa festeggiare e chi invece afferma che non si dovrebbe.
Ma cos’è davvero Halloween? E da dove proviene?
Questa festa ha origini irlandesi antichissime, quando Erin era il territorio dei celti e la festa di Halloween corrispondeva a Samhain, il capodanno celtico.
Ben presto gli irlandesi, a causa di una forte carestia, furono costretti a migrare negli Stati Uniti dove diffusero l’usanza.
Il termine “Halloween” deriva dall’irlandese “Hallow E’en”, che a sua volta proviene dalla forma contratta “Hallows’ Eve” (Hallow significa santo).
Rappresenta, dunque, la vigilia della festa di Ognissanti.
Per i celti l’anno nuovo iniziava l’1 novembre, quando terminava il periodo caldo e potevano iniziare a costruire, dentro casa, nuovi utensili per la stagione estiva successiva e a raccontarsi storie e leggende davanti al fuoco.
Il passaggio dall’estate all’inverno si festeggiava con il Samhain, che deriva dal gaelico “Summer’s end” (fine dell’estate). Con la fine dell’estate la comunità poteva riposarsi e ringraziare Dio per i raccolti e per le scorte fatte per l’inverno.
Il tema principale della festa era la morte poiché, secondo i celti, in inverno la vita sembrava tacere e, soprattutto, la terra, dove vengono seppelliti i morti, riposava e si rigenerava.
Questa popolazione credeva che alla vigilia del nuovo anno, Sahmain chiamasse a sé tutti gli spiriti, unendo la paura della morte e l’allegria per l’inizio di un nuovo anno.
Per la cerimonia veniva acceso nei boschi il Fuoco Sacro, presso cui i celti, travestiti con maschere grottesche, praticavano sacrifici.
Con il passare degli anni si diffuse anche l’usanza di accendere fuochi e lasciare vivande fuori le porte delle proprie abitazioni, affinché le anime vaganti potessero rifocillarsi e non fare “scherzetti”.
Con la cristianizzazione furono istituite, il 13 maggio 609 d.C, la festa di Ognissanti e, nel X secolo, il giorno della commemorazione dei defunti.
Solo grazie al cinema e alla televisione, la festa si è diffusa nel resto del mondo, facendole perdere il suo vero significato religioso e diventando un’occasione per divertirsi e spendere ingenti quantità di denaro.
Solo in America, ogni anno, ad Halloween si spendono circa 2 milioni e mezzo di dollari.
Pensare, però, che sia una pratica solamente ortodossa è errato in quanto zucche e travestimenti horror sono tipici del folklore di molte zone.
Da secoli, in Puglia, la vigilia di Ognissanti si festeggia con zucche decorate (“cocce priatorje”) e davanti casa si accendono falò per illuminare la strada alle anime del purgatorio.
Intagliare zucche a forma di teschio, nella convinzione che quella stessa notte i morti escano dalle tombe, travestirsi da figure spaventose è una tradizione secolare in Friuli, Veneto e Abruzzo. E se in Calabria, a Serra San Bruno, un’usanza vuole che i ragazzini bussino alle porte dei vicini sussurrando “Mi lu pagate lu coccalu? ” (“Me lo pagate il teschio?”), in Sardegna, a Ogliastra e nel nuorese, i bambini chiedono cibo e denaro sussurrando “Carchi cosa pro sas animas” (“qualcosa per le anime”)?
A Napoli, invece, la festa era conosciuta già nel dopoguerra, epoca in cui bambini e ragazzi già si aggiravano mascherati per i quartieri popolari chiedendo dolci e caramelle, gridando “Cicci muorti” al posto del tipico “Dolcetto o scherzetto?”.
Era tipico camminare per le strade della città con una cassetta di cartone a forma di bara, detta “o tavutiello”, pronunciando l’invocazione “Fate bene ai Santi morti” e cantando una filastrocca che recitava così: “Famme bene, pe’ li muorte: dint’a ‘sta péttula che ‘ce puórte? Passe e ficusecche ‘nce puórte e famme bene, pe’ li muorte” (traduzione: Fammi del bene per i morti: in questo grembiule che ci porti? Uva passa e fichi secchi porti e fammi del bene, per i morti).
Laura Barbato