Le statistiche in controluce: tra il più ed il meno

Sia l’INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale) che l’ISTAT (Istituto centrale di statistica) hanno diramato, nei giorni scorsi, una serie assai interessante di dati sull’economia e la situazione del mondo del lavoro sia negli aspetti generali che in quelli relativi all’occupazione giovanile.

Le analisi conseguenti, come spesso accade in Italia, sono contraddittorie quando non opposte nelle conclusioni. Infatti, da noi, neanche i dati numerici sono esentati da discussioni ed interpretazioni spesso neppure logiche. Ma di cosa si dibatte dopo la diffusione dei dati relativi al “mercato del lavoro”: il punto fondamentale resta quello di capire se vi è un accenno di ripresa economica ed occupazionale o meno.

Con parole ancora più semplici e dirette quel – 32% di contratti a tempo indeterminato, rispetto allo scorso anno, può essere compensato dagli altri dati aventi segno positivo? ed i tanto discussi “voucher” che sono arrivati a raggiungere numeri stratosferici e multimilionari, così come tutte le altre, pur denegate, forme di lavoro interinale, cosa ci indicano: una tendenziale evoluzione o viceversa involuzione del settore occupazionale nel nostro Paese.

Sulla valutazione di sistema però  le opinioni dei commentatori, ovviamente influenzate dalle opposte visioni politiche, divergono radicalmente. Infatti, per i “positivisti” siamo in presenza di una confermata tendenza alla ripresa che inizia ad essere confortata da diversi numeri ed indicatori; mentre, coloro che manifestano scetticismo e peggio parlano di totale fallimento delle politiche occupazionali del governo, di misure inefficaci, inutili e di portata temporanea o fittizia.

In definitiva, nessuna ripresa economica e tantomeno incremento del mercato del lavoro con nuovi avviamenti occupazionali bensì un “saldo matematico” di sostanziale invarianza complessiva. Anzi, al contrario, di una situazione aggravata dalla perdita seriale di posti di lavoro “a tempo indeterminato” in favore di forme flessibili, comunque precarie, e sostanzialmente private di ogni forma efficace di tutela contro i licenziamenti meramente “economici”.

 Come si vede le opinioni sono diametralmente opposte ed inconciliabili e nel mezzo, fra i tanti italiani che non sanno più a chi o cosa credere, continuano ad esserci milioni di disoccupati e fra questi tantissimi giovani preparati e “titolati” ma da anni privi di concrete prospettive lavorative.                

Resta questo il problema nazionale che governo e forze politiche devono risolvere: dare lavoro a chi non ce l’ha e si tratta dell’unica ricetta per risollevare l’economia italiana, prima che sia troppo tardi.

Giorgio M. Palumbo

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