La storia continua a riemergere dopo venti secoli
Le due località vesuviane distrutte, sepolte dai detriti con le popolazioni asfissiate dalla veloce nube piroclastica ardente sprigionatasi nel 79 d. C. dal vulcano partenopeo che, portandosi via la vita di migliaia di persone, ricoprì quei luoghi. Obliterandoli sotto due decine abbondanti di metri di detriti (pozzolana ed altro) tanto da cancellare, fino al XIX secolo, ogni traccia di quei due insediamenti umani, evoluti e popolosi di epoca romana.
Per questo, destano sempre ammirazione e sorpresa, ma non negli “addetti ai lavori”, i ritrovamenti eccezionali che si continuano a fare.
Infatti, a Pompei, dopo la scoperta effettuata durante gli scavi dell’Agosto scorso ed ora messa in luce con apertura al pubblico, si può visitare una opulenta dimora, ubicata su via del Vesuvio. Dove diverse stanze appaiono elegantemente decorate e all’ingresso dell’abitazione spicca una immagine spettacolare di un Priapo affrescato nell’atto di pesare il membro su una bilancia.
I resti sono emersi nel corso dei lavori di cd ri-profilatura dei versanti del settore Regio V che affacciano sulla via del Vesuvio, nell’ambito del cantiere dei nuovi scavi, laddove le operazioni in corso rientrano nel più ampio intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo.
In particolare, sono quelli che delimitano gli oltre 22 ettari di area non ancora oggetto di scavi di Pompei, come previsto dal “Grande Progetto Pompei” in corso di realizzazione che interesserà circa 3 km di fronti di ricerca.
E’ tutto appare possibile, la vita di duemila anni fa, così bruscamente bloccata, riappare.
La figura di “Priapo” nella città di Pompei erano nei culti usanza ben conosciuta, come chiaramente dimostra la raffigurazione che campeggia all’ingresso della casa dei Vettii, ed oggi appare, per la seconda volta, scenicamente, in quest’altra abitazione un luogo poco distante dal primo.
Questi era un Dio della mitologia greca e romana che, secondo buona parte delle fonti, era figlio di Afrodite e di Dionisio. Mentre, leggende minori lo vogliono invece figlio di Afrodite e di Ermes o Ares (o Adone, oppure Zeus). Con questa Dea che, gelosa del rapporto adulterino avuto da Zeus con Afrodite, decise di vendicarsi su Priapo dandogli un aspetto grottesco, con quegli enormi organi genitali. Il fallo, così spesso raffigurato in affreschi e mosaici dell’epoca, era ritenuto origine della vita, e per gli antichi romani un simbolo apotropaico, un culto utilizzato contro il malocchio o per auspicare fertilità, benessere, buon commercio e ricchezza. Non è un caso, difatti, che poco oltre un altro fallo in tufo grigio dipinto è emerso, lungo la strada, su una parete del vicolo dei balconi.
La domus di via del Vesuvio che ancora sta venendo alla luce, rivela, oltre all’affresco di Priapo posto all’ingresso (fauces), diversi ambienti dalla decorazione pregiata, tra i quali una parete con un volto di donna entro un clipeo e una stanza da letto (cubicolo) decorata con una raffinatissima cornice superiore ove sono posti due piccoli quadri (pinakes) nella parte mediana, l’uno illustra un paesaggio marino, l’altro reca una natura morta, affiancati da animaletti di contorno.
Si lavora, sotto l’illuminata direzione della Sovraintendenza, con grandissimo impegno quotidiano per portare alla luce, all’ammirazione dei visitatori del mondo intero e così al perenne ricordo di tutte quelle persone morte nel tragico evento naturale vesuviano. I visitatori sono invitati a venire numerosi, per fruire di un’offerta archeologico turistica continuamente arricchita di mirabilie riscoperte.
Giorgio M. Palumbo