Dopo Caivano, restano ancora “ghetti” voluti e tollerati dalle alte sfere che aspettano ancora il loro “clamore nazionale” per poter toccare con mano la presenza dello Stato
«Al fine di fronteggiare le situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile presenti nel territorio del Comune di Caivano – si legge nella bozza del cosiddetto Dl Caivano – il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri predispone, d’intesa con il Comune di Caivano, un piano straordinario di interventi infrastrutturali o di riqualificazione nell’ambito del territorio del predetto Comune. Con delibera del Consiglio dei ministri, viene approvato il piano degli interventi di cui al primo periodo e viene nominato un Commissario straordinario con il compito di procedere alla sua attuazione, con assegnazione delle relative risorse nel limite complessivo di euro 30 milioni».
Trenta milioni di euro, infrastrutture e un commissario per fronteggiare lo stato di emergenza del Parco Verde di Caivano. Un provvedimento che arriva a poche settimane dall’ennesimo caso di violenza consumatosi nel noto rione popolare della cittadina napoletana. Un provvedimento tampone che sembra avere il sapore di un risarcimento; una “pezza a colori” dello Stato in un territorio che – fino a poche ore fa – lo stesso Stato aveva colpevolmente ignorato e lasciato nelle mani di criminalità e malaffare. Gli episodi di violenza, già denunciati con la triste vicenda della piccola Fortuna, e culminati nelle scorse settimane con lo stupro di due cuginette di 11 e 12 anni, sono solo la punta dell’iceberg di una condizione di degrado che da anni residenti e attivisti – tra cui il noto sacerdote Don Maurizio Patriciello – denunciano attraverso comitati e stampa. Spaccio, occupazione abusiva delle abitazioni, criminalità generalizzata, sono solo alcune delle criticità che da anni le associazioni di cittadini hanno provato – inutilmente – a porre sotto la luce dei riflettori.
La corsa a Caivano
La visita della premier Meloni, accolta con indifferenza dai residenti, ma con clamore da una claque organizzata, il blitz di poche ore fa – culminato in denunce e sequestri – e lo stanziamento che si evince dalla bozza del Dl in discussione a palazzo Chigi, pur essendo un incoraggiante punto di partenza, dimostrano quanto lo Stato sia assente nelle periferie, non solo napoletane.
E’ servito l’ennesimo caso di rilevanza nazionale per smuovere i piani alti, E’ stata necessaria la vergogna per svegliare coscienze, uomini e mezzi. E se Caivano oggi può sperare di rinascere o di vedere quanto meno attuate politiche volte alla sicurezza e al recupero dei giovani, ci sono zone periferiche nell’area napoletana che restano nel degrado e nell’incuria. “Ghetti” voluti e tollerati dalle alte sfere che aspettano ancora il loro “clamore nazionale” per poter toccare con mano la presenza dello Stato.
I rioni popolari di Arzano, Afragola, Melito, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, solo per citarne alcuni, restano la classica polvere nascosta sotto al tappeto di una politica che all’eradicazione di una criticità preferisce l’approccio di chi, come recita un famoso proverbio, “appone le porte di ferro alla chiesa di Santa Chiara quando oramai è stata già depredata“.
S. R.