Ancora sotto esame la nostra legge annuale di stabilità

Puntualmente, come accade ormai da diversi anni, gli organismi tecnici della Commissione dell’Unione Europea che sono deputati a esaminare gli strumenti annuali di Bilancio degli Stati aderenti hanno sollevato rilievi contabili sull’effettività delle entrate previste da noi preventivate.

In particolare, si tratterebbe di uno scostamento calcolabile come pari allo 0.2% dell’entità complessiva della manovra annuale di Bilancio per un importo di circa 3.4 miliardi di euro.

Operando sulla base di indicatori, valutazioni economiche per l’anno passato e secondo le richiamate previsioni di entrata, per i verificatori europei, il nostro Paese avrebbe sovrastimato le entrate: così rapportandosi al massimo della previsione di crescita del Pil – Prodotto interno lordo – pari all’1% per il decorso anno e ciò porterebbe alla differenza delle entrate contestata.

Il governo italiano risponde agli addebiti contabili ed ai chiarimenti richiesti. Intanto, confermando che il ricalcolo statistico eseguito dall’ISTAT del Pil per l’anno 2016 abbia realmente portato al raggiungimento dell’1% di crescita complessiva.

Pertanto, sotto questo primo profilo, non sarebbero più di 3 i miliardi di euro in discussione, con riassorbimento di 400 milioni. Per il resto fornendo risposte sui criteri tecnici di redazione delle parti di entrata, come previste dalla L.S. anno 2017, definite dubbie dagli organi della U.E.

Entro la data del prossimo 28 febbraio il Governo italiano dovrà però dimostrare l’esattezza dei suoi criteri redazionali e l’effettività delle entrate fiscali previste. Altrimenti potrebbe scattare una onerosa “procedura d’infrazione” rispetto alle regole contabili dell’Unione Europea ed in caso estremo la nomina di una terna di Commissari al Bilancio: la temuta “troika” con attribuito il compito di ristabilire gli equilibri di Bilancio.                                                                                                       In sostanza arrivare a tale epilogo rappresenterebbe un “commissariamento” politico contabile del nostro Paese. Ricordiamo però che pur di appartenere alla U.E. siamo stati noi ad introdurre nella Carta costituzionale, con modifica degli articoli 81 e 97, obblighi assoluti di Bilancio e di amministrazione pubblica.

Tali modifiche costituzionali non erano necessarie (nessun altro Paese le ha introdotte in una sua Carta primaria) e potremmo amaramente patire di averle introdotte.

Giorgio M. Palumbo

 

 

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