Indagini a tutto campo dopo la scoperta dell’ombra del clan Moccia sulla stazione di Afragola

Sotto la lente degli inquirenti sarebbe finita la capacità del clan Moccia nell’avvicinarsi e nell’infiltrarsi per controllare tutte quelle aziende che potessero essere coinvolte nella realizzazione della TAV di Afragola.

Ma non solo, infatti, sembrerebbe che, addirittura, il clan Moccia facesse da “investitore occulto”, riuscendo a somministrare del capitale. In certi casi sembrerebbe anche che abbia assunto un ruolo sostitutivo dei vari istituti bancari chiamati a sovvenzionare.

Una fitta rete, quindi, quella che emergerebbe dalle indagini, volta a creare una situazione tale da fare in modo che le offerte fatte alla stazione appaltante dalle aziende fossero al ribasso e più appetibili.

Al momento le indagini si starebbero concentrando su due subappalti: quello relativo all’azienda “Kam”, la quale avrebbe subappaltato costruzioni per poco più di 1.866.000 euro e che si sarebbe dovuta occupare della realizzazione delle strade di accesso alla stazione, e un secondo appalto, stimato in circa sei milioni di euro, affidato alla ditta “Castaldo” per la realizzazione delle carpenterie metalliche.

Per l’indagine in corso ci sarebbero già i primi nomi di esponenti ritenuti principalmente collaboratori di tutta la gestione malavitosa di infiltrazioni ed agevolazioni.

Il primo indagato risulterebbe essere Giovanni Esposito, ritenuto punto focale del rapporto tra Angelo Moccia e gli imprenditori impegnati nei lavori. Esposito, infatti, sarebbe molto amico di Moccia al punto tale da essere stato intercettato mentre, insieme alla sua compagna, si godeva una vacanza a Dubai da mille e una notte.

Entrambi, infatti, pare alloggiassero in una suite dal costo esorbitante, circa 2000 dollari a notte, allocata in uno degli hotel extra luxury del califfato.

Un legame, dunque, molto stretto ed intimo che, secondo gli investigatori, avvalorerebbe l’affidabilità riservata ad Esposito da Angelo Moccia circa le procedure d’assegnazione e gestione degli appalti.

L’altro indagato, invece, sarebbe Giuseppe De Luca, cognato di Angelo Moccia, già finito nel mirino degli inquirenti per la sua storia imprenditoriale finita con una condanna per associazione mafiosa e una per armi e droga, risalenti a fine anni ’80.

Ma non solo, le indagini su Giuseppe De Luca andrebbero anche oltre le sue aziende che sembrerebbero tutte messe su appositamente per gestire malaffari, sfruttando anche i nominativi di moglie e figlio a mo’ di prestanome.

Ma l’elemento più importante della sua carriera sarebbe attribuibile alla società Railway, un’azienda leader negli ultimi anni, capace di ottenere appalti sia in Campania che nel Lazio.

E’ nel 2012, infatti, che la Railway sposta la sua sede da Roma a Casoria, sede nella quale il De Luca figurerebbe come un semplice dipendente ma, di fatto, ne sarebbe il gestore.

In quello stesso anno, infatti, la Railway sancisce un importante accordo con RFI, rete ferroviaria italiana,  siglando un accordo di appalto per la realizzazione di lavori pari a circa 4.600.000 euro.

In quello stesso periodo entrerebbe in gioco sull’appalto anche la ditta Edilmer, azienda edile del settore cantieristico, già nota per stretti legami al clan. In quell’anno, infatti, la Edilmer avrebbe ricevuto un bonifico di 1.500.000 euro per trasferire il suo autoparco nella proprietà di un’altra azienda, la Depar, azienda ritenuta di proprietà del clan Moccia.

Da quel momento, secondo gli inquirenti, il clan avrebbe definitivamente messo le sue mani sulla gestione della stazione di Afragola.

Le indagini avrebbero, poi, portato alla luce tantissimi altri nomi di ditte coinvolte nella rete intessuta con forti pressioni da parte dei due indagati: una situazione talmente fitta ed ingarbugliata, che si sarebbero addirittura industriati per alterare la contabilità delle ditte aggiudicatarie al fine di evitare i controlli.

L’indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia starebbe continuando anche per individuare eventuali infiltrazioni all’interno del gruppo RFI. si ipotizzerebbe, infatti, un probabile sistema di corruzione tra alcuni dipendenti stessi di RFI.

L’azienda, intanto, attraverso una nota, fa sapere di aver iniziato un’indagine interna avvalendosi della collaborazione dell‘Antimafia.

Foto dal web

Marianna Di Donna

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