Il clan della 167 gestiva i soldi ripulendoli anche attraverso le esibizioni di un neomelodico

A seguito del blitz di alcuni giorni fa che ha portato all’arresto di diversi esponenti del clan della 167 di Arzano, sarebbero emerse nuove particolari accuse a carico delle persone arrestate dopo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

Nel maxi blitz, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, hanno notificato 27 provvedimenti restrittivi e un decreto di sequestro relativo ad un autonoleggio-parcheggio.

Le indagini condotte dalla DDA e dal gip di Napoli, Maria Gabriella Iagulli, si sarebbero concentrate in particolare su Pasquale Cristiano, considerato il capo dell’omonimo clan della 167 di Arzano.

In particolare, secondo quanto emerso dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, sarebbe stato proprio Pasquale Cristiano ad escogitare un sistema “alternativo” di riciclaggio dei soldi provenienti dallo spaccio di stupefacenti molto florido per il clan stesso.

Sembrerebbe, infatti, che il clan avesse addirittura iniziato a riciclare i soldi provenienti da attività illecite attraverso la gestione dell’attività di un noto neomelodico, il cui nome, al momento, risulterebbe coperto da segreto istruttorio per consentire il regolare svolgimento delle indagini.

Ad avvalorare questa ipotesi ci sarebbero anche diverse intercettazioni telefoniche ed ambientali nelle quali, sovente, vi sarebbero chiari riferimenti al neomelodico e alla promozione delle sue attività artistiche.

In particolare, pare che il cantante rappresentasse un vero e proprio investimento per Pasquale Cristiano che, secondo le indagini, in cambio del finanziamento per l’incisione di un disco, pare corrispondesse una percentuale sugli incassi per le partecipazioni a feste e ricevimenti vari.

La natura del rapporto in questione, secondo il giudice, sarebbe anche stata confermata dall’offerta di 50mila euro che Pasquale Cristiano pare avesse ricevuto per poter subentrare nella gestione delle attività dell’artista.

Le attività del clan della 167 di Arzano pare riguardassero non solo lo spaccio di droga ma anche detenzione illegale di armi, estorsione, ricettazione e trasferimento fraudolento di valori.

Accuse molto pesanti che hanno coinvolto 27 persone di cui 23, al momento, in carcere e altre 4 agli arresti domiciliari per un’indagine che sarebbe iniziata nel dicembre 2018 fino a novembre 2021, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

Un’indagine molto articolata che avrebbe consentito di registrare­ l’intensa e proficua operatività di questo clan camorristico denominato “167” di Arzano.

Un clan camorristico che rappresenterebbe, però, anche una derivazione del clan Amato-Pagano, radicato nell’area nord di Napoli.

La Direzione Distrettuale Antimafia avrebbe portato alla luce l’attività pulsante di tre piazze di spaccio ad Arzano, nella quale veniva venduta cocaina, eroina, crack, marijuana e hashish; ma anche un’intensa attività estorsiva caratterizzata da molteplici episodi documentati in danno a tanti commercianti di Arzano e, inoltre, anche l’intestazione fittizia di un autonoleggio, di fatto gestito da uno degli indagati.

Foto dal web

Marianna Di Donna

 

 

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