Scosse frequenti e boati notturni, continua lo stretto monitoraggio dei Campi Flegrei
Che qualcosa stia accadendo nell’ultimo periodo nella zona dei Campi Flegrei è ormai sempre più una certezza tra i residenti ma anche tra chi, anche a Napoli e zone limitrofe, riesce ad avvertire i tantissimi e frequenti eventi sismici come scosse e boati notturni.
L’ultima registrata è avvenuta alle 8.44 di ieri mattina ed ha avuto una magnitudo piuttosto significativa pari a 3.6 secondo i sismografi dell’INGV.
L’epicentro ha avuto luogo ad una profondità di 3 km nella località di via Fasano a Pozzuoli ma si sarebbe avvertito forte e chiaro anche a Quarto e a Bacoli, comuni vicini all’epicentro.
Sotto osservazione l’intera area dei Campi Flegrei con particolare attenzione alla caldera della Solfatara che, giorni fa, è apparsa in uno studio relazionato dalla rivista Nature e condotto da una collaborazione tra l’INGV e l’University College di Londra.
Secondo le ricerche e le osservazioni degli studiosi che hanno partecipato allo studio attraverso il monitoraggio dell’area del supervulcano della Solfatara, ci sarebbero dei cambiamenti significativi della crosta del vulcano Solfatara.
In pratica si tratterebbe di una metamorfosi della crosta che starebbe passando da una fase elastica a una inelastica. Di conseguenza, quindi, le possibili fratturazioni della crosta stessa che si possono avere sarebbero la causa dei boati notturni e delle scosse avvertite dalla popolazione nell’ultimo periodo.
I dati indicano che il cambiamento osservato nella complessa dinamica della grande caldera potrebbe portare allo stop dei fenomeni di sollevamento del terreno e alla ripresa di una lenta subsidenza.
Il dottor Stefano Carlino dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv riferisce che lo studio porta in evidenza che “nonostante il livello del suolo raggiunto oggi sia superiore di oltre 10 centimetri a quello raggiunto durante la crisi bradisismica del 1984, la deformazione inelastica sta avvenendo con un livello di sforzo inferiore rispetto al 1984”.
Per questo motivo, le modifiche che la crosta starebbe subendo non sono da sottovalutare soprattutto alla luce di quella che potrebbe essere un’evoluzione futura, in una situazione attuale in cui si ritiene siano presenti fluidi (probabilmente anche magma e gas) in movimento a circa 3 chilometri di profondità. Sin dagli anni ’50 si sono registrati molti episodi di sollevamento del territorio dei Campi Flegrei e questo cambio di stato, da regime elastico e inelastico, potrebbe segnare un passaggio importante: persino un’inversione delle dinamiche attuali.
A questo proposito, i ricercatori che hanno condotto lo studio rimarcano l’enorme ed indispensabile necessità di continuare a monitorare che rapporti ci siano tra i fenomeni in superficie e quelli del sottosuolo che ne sono all’origine con il fine di coinvolgere direttamente, questi che sono solo dati scientifici, nei processi immediati e coadiuvati dalla Protezione Civile nell’ambito della sicurezza della popolazione riguardo il tema della pericolosità vulcanica.
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Marianna Di Donna